Nel poemetto l'autrice esplora un quesito teologico fondamentale: perché la donna sia stata dotata ab origine di cervello e cuore, ovvero di ragione e anima, se poi la storia l'ha 'seviziata calpestata disconosciuta' con il 'marchio di una schiavitù che i secoli attraversa'.

Eros agisce nell'ombra dell'inconsapevolezza, ma poi la volontà curiosa degli esseri umani fa sì che la lampada della razionalità illumini in ogni suo aspetto la verità di questo sentimento squassante. E da lì ecco incominciare la rincorsa e il 'lavoro' che sono necessari all'addomesticamento del suo grande potere divino alla vita quotidiana confinata nell'umano. È quello che fa Chiara Moimas in questa raccolta di poesie, che abbracciano l'umano a un 'paesaggio naturale' classico, dove viene contemplata la possibilità di una resurrezione erotica in un unico nuovo afflato vitale, sollevato dall'isolamento individualistico odierno.

Il modo di raccontare di Chiara Moimas non è affatto semplice, né prevedibile, non è neppure troppo definibile; si ha la sensazione che non sia neanche collocabile temporalmente. Non lascia dietro di sé alcun filo di Arianna mediante il quale ripercorrere a ritroso la strada percorsa. È una poesia che si è dimenticata della modernità, forse perché la poesia non ha alcun bisogno di essere, o di apparire moderna, non ha alcun bisogno di facilitare al lettore il compito della lettura. È una poesia che parte dall'oblio del Moderno. E di qui si dirige, a vele spiegate, verso l'ignoto. Con la maschera della propria impenetrabilità. È il suo modo di offrirsi al lettore.