Il libro è una raccolta di trenta poesie divise in capitoli che rappresentano l'evoluzione personale della protagonista, Eve. I temi sono quelli di sempre, comuni nella poesia: l'amore, la passione, gli ideali, il sogno, la nostalgia, il bisogno di riscatto. Argomenti così intimi e profondi da essere universali e senza tempo, così riservati da sentire il bisogno di essere resi pubblici, così impetuosi e struggenti da divenire, loro malgrado, collettivi.

Dicevo che non avrei voluto più scrivere, lo dico sempre. Poi qualcosa arriva da fuori e mi tira giù, nei miei pensieri più profondi, dentro me stessa e tutto ricomincia. Credevo di aver chiuso il cerchio con le mie ultime due opere. Avevo pensato bastassero. Gli anni passano, la vita si sfilaccia in mille vite che non sono solo poesia e letteratura, che non sono solo cinema o cultura. La mia esistenza si moltiplica in esistenze che non sapevo di volere, che mi erano sconosciute e lontane, in cui non mi riconoscevo. Le cose accadono. Mi sorprendo nel constatare che nonostante il tempo trascorra velocemente ed io cambi come albero di bosco apparentemente immobile, la poesia mi rimanga accanto leggera, pazientemente.

'Emanuela Patriarca si fa largo e riordina gli anni, quelli vissuti da sua nonna Tomassina che nei racconti sono giunti fino a lei, vi rinviene un filo logico o solo un filamento di emozioni che forse come mai eternamente congiungono. Adesso che distiamo da loro le cose ci appaiono con definitiva chiarezza, tutto ci parla. Alla fine tornano ancora ad una prima stagione, l'origine, la nascita, il senso, di nuovo la parola ad intrecciarsi con quella oscura ancora non svelata. Non vi è alcun errore in questa assoluta perfezione e finitezza che ci tiene in ascolto perché verrà la rosa del colore che amammo.' (dalla Prefazione di Mattia Leombruno - Presidente della Fondazione Mario Luzi)

'Non sempre capita che una raccolta poetica sia così ben intonata, e che sin dal titolo evochi la giusta aria di una ouverture. Eppure questo testo di Emanuela Patriarca ci porta all'epicentro magmatico della sua parola, sin da subito, sin dal principio del titolo: 'Il caldo corpo dei sogni'. Ed il corpo, ovvero la carne, richiama su di sé l'incidenza di una dimensione impalpabile quanto presente (il sogno), assai più radicata in noi che il sangue nelle vene. Il corpo si accende, dunque, di una luce, ed al pari di un ardore che lo creano, lo sostanziano ed al contempo lo smembrano e distruggono per eccesso. La poesia di Emanuela Patriarca è a tratti struggente, vive in sé gli esiti infuocati dell'amore spinto alle estreme conseguenze, fin sul limitare di un baratro che non ha ritorno. Una corsa all'ultimo respiro attraverso i mondi della propria interiorità dove il cuore, i ricordi, il corpo e la vista, si uniscono come la scintilla alla fiamma fuori controllo, che accende e divampa.' (Mattia Leombruno)