"Mareggiata" è una carrellata di situazioni ed emozioni che la vita ci offre, nelle quali ci imbattiamo spesso nostro malgrado, ma che dobbiamo comunque affrontare, dando loro un significato e possibilmente una soluzione accettabile. Quello che resta senza senso è troppo doloroso per noi. L'irrisolto è ciò che ci portiamo dietro come una zavorra morta che non ci fa procedere. E allora può essere una cura fissare emozioni, frasi, parole, immagini, per cominciare a significare piccole parti di un puzzle, sperando che compongano, prima o poi, una visione più armonica della vita. I versi di questa raccolta spaziano fra l'amore per il mare, la percezione dell'ingiustizia che inquina la vita delle persone più fragili e inermi, e il male che l'autrice ritiene la peggiore sciagura per gli uomini: l'incomunicabilità. Tutte le specie viventi hanno un'inconsapevole, sana capacità di comunicare fra di loro per far sopravvivere la propria specie. Solo l'uomo, l'animale sociale che ha inventato i linguaggi, attacca consapevolmente questa dimensione necessaria, nell'illusione folle che l'individuo sopravvive alla specie, in questo secolo di sfrenato, fatale individualismo.

C'è tanto amore dentro le poesie di Marina Guida. Un amore forte, intenso, unico, cercato, trovato, vissuto. Ma anche un amore smarrito che caratterizza molti dei componimenti raccolti in questa silloge che esprimono un profondo senso di abbandono. A ben guardare, però, "Indelebile" è una raccolta al cui centro, più che l'amore, c'è la fragilità, quella fragilità umana che è certamente caratterista della poetessa ma un po' di tutti noi. Essa emerge con forza da questi versi e il lettore può entrarne in relazione sotto un duplice aspetto.

Corpi che diventano sculture; sogni e incubi che strutturano la trama della realtà; visioni che diventano proiezioni; la vita che diventa un palcoscenico e la finzione scenica che s'insinua nelle pieghe della vita reale; verità, verosimiglianza, simulazione e finzione; la fotografia che incontra la scultura, la pittura, la computer grafica, la scenografia, l'installazione, l'azione. Partendo da questi elementi Antonio Managò e Simone Zecubi, in arte J&PEG, riproducono il mondo, consegnandoci un inquieto universo popolato di fantasmi e allegorie, assemblando modelli iconografici desunti dalla storia dell'arte, dalla mitologia, dalle religioni, da antichi e nuovi miti e riti; fondendo pezzi di mondo, frammenti di visioni, fatti di cronaca, stati dell'essere, in un grande atemporale puzzle, disseminato di incongruenze visive e sorprendenti fantasmagorie. Imbattersi nelle loro fotografie è come entrare in una dimensione parallela, sospesa tra sogno e realtà. I due artisti scompongono e rimescolano gli elementi dell'atto creativo nelle loro opere, fondendo la materia, la forma, la finalità e il fare manuale.