María Zambrano (Vélez-Màlaga 1904-Madrid 1991) è una figura centrale del
panorama filosofico, non solo spagnolo, degli ultimi anni. Esiliata, come
molti suoi connazionali, a partire dal 1939, farà ritorno in patria solo nel
1984. Nel suo girovagare nel mondo, si fermò anche in Italia, allacciando
rapporti intellettuali con alcune figure di spicco della cultura italiana.
L'esilio segnò a tal punto la vita e il pensiero dell'autrice che la sua
filosofia potrebbe essere definita "filosofia dell'esilio". Per Zambrano,
l'esiliato si configura come l'estraneo per eccellenza, perché uomo senza un
luogo, «né geografico, né sociale, né politico», in cui stare e dal quale
progettare la sua vita, ma che su questo fonda la sua capacità di guardare il
mondo con occhi "girovaghi" e penetranti. L'esilio diviene così la condizione
indispensabile per trascendere le ristrettezze dell'appartenenza culturale
originaria e per parlare, in modo tragicamente indipendente, ma proprio per
questo aurorale, del mondo esterno e interno.
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