La voce è uno dei dodici monologhi di Gandolin (pseudonimo di Luigi Arnaldo Vassallo) rappresentati per la prima volta nel 1909. In questo monologo Gandolin disquisisce sull'importanza della voce come mezzo espressivo, utile a volte anche per dissimulare il proprio pensiero. Definisce la voce - e non gli occhi - come lo 'specchio dell'anima', attribuendole perfino un potere soprannaturale e la virtù di rivelare l'onestà della donna.

Sul marciapiede di Aragno è uno dei dodici monologhi di Gandolin (pseudonimo di Luigi Arnaldo Vassallo) rappresentati per la prima volta nel 1909. Il protagonista, dopo essersi seduto a un tavolino di un bar, mentre aspetta il cameriere inizia un lungo monologo, fingendo di parlare a un vicino. Commenta tutte le persone che vede passare lungo la via, riferendo con sarcasmo e ironia pettegolezzi, aneddoti ed esperienze personali.

Il signore che pranza in trattoria è uno dei dodici monologhi di Gandolin (pseudonimo di Luigi Arnaldo Vassallo) rappresentati per la prima volta nel 1909. Gandolin in questo monologo descrive, con dovizia di particolari, tutti i gesti e i movimenti che compie un attore mimico in scena, mentre interpreta un cliente che si trova in una trattoria per pranzare: senza aver a disposizione nessun oggetto deve dare l'impressione agli spettatori della reale presenza di essi.

'La paura del coraggio' è uno dei 12 monologhi di Gandolin (pseudonimo di Luigi Arnaldo Vassallo) rappresentati per la prima volta nel 1909. Il protagonista, un professore universitario, racconta che una sera, per strada, si imbatté in due briganti armati di coltello e, senza pensarci due volte, sparò in direzione di uno dei due figuri, ferendolo. L'azione gli procurerà parecchie noie giudiziarie e alla fine della vicenda, nonostante venga considerato alla stregua di un eroe per aver reagito all'aggressione, si rammaricherà per il denaro, il tempo e la salute perduti a causa di quell'atto di coraggio.