"La storia della nostra famiglia risale a molti secoli fa, ai tempi della Serenissima Repubblica di Venezia. Forse provenienti dall'Ungheria (XI secolo) i primi nobili Priuli giunsero a Venezia come ambasciatori e li si stabilirono. Da allora, molte generazioni si sono succedute, dando a Venezia soldati Crociati, Vescovi, Dogi, Cardinali, bancari e finanzieri, Conti e Arcivescovi. Un passato illustre con radici lontane. Ma è del nostro passato recente che ho chiesto a mio cognato Giuliano e a mia sorella Fausta di occuparsi con me, quello che si riferisce alla nostra famiglia, in particolare quello di nostro padre. Volevo dare giustizia e onore ad un uomo dalla storia complessa e dalla vita avventurosa, che ha vissuto 86 anni attraversando un secolo tra splendori e miserie della storia della sua famiglia. Un uomo che ha dovuto farsi forte, costretto dalle circostanze del destino e che in vita non ha mai avuto modo di vedere scritta la sua storia" (gli autori)

I motivi per cui si scrive un libro sono diversi, come pure gli argomenti. Vi sono i libri scolastici, quelli scientifici, i romanzi con storie di vita inventate, altre reali, quelli polizieschi, quelli di fantascienza, e si potrebbe continuare su altri generi letterari. Questo libro che avete tra le mani è una raccolta di lettere che due giovani, Giuliano e Fausta si sono scambiati prima del loro matrimonio. Senza togliere o aggiungere niente, nella trasposizione dalla stesura manuale a quella stampata. Non ci interessa il genere letterario a cui può appartenere questo libro, ma solo, che se qualcuno lo leggerà ne tragga beneficio, specialmente i giovani dell'attuale generazione che vivono in una società "liquida", senza valori e punti di riferimento sicuri, specialmente quelli famigliari.

"Sono nato in una grande corte agricola e fino all'età di quattordici anni l'area del territorio che frequentavo aveva un raggio di tre chilometri. La mia famiglia era quella tipica di braccianti agricoli, poveri ma contenti, a contatto con una natura ancora intatta, piena di alberi, di animali selvatici, in particolare di uccelli e di fossi con l'acqua limpida e piena di pesci. Non c'era la radio, i giornali e la televisione, ci si riuniva a far "quatro ciacole" in compagnia, e il tempo trascorreva lento, accettando gioie e dolori, senza lo stress e le frustrazioni della società moderna. E' la nostalgia di questa infanzia felice che mi ha spinto a raccontarla prima in un libro autobiografico "La carne e lo spirito di un povero cristiano" ed ora con questi ricordi in filastrocche e qualche poesia arrivata spontaneamente senza averla cercata. Non sono un laureato in lettere né un esperto in scritture dialettali, né ho assunto un correttore. Il dialetto è quello che ho imparato da bambino a Ca' del Lago di Cerea (Verona). Spero che i miei nipoti Lorenzo, Marco, Paolo e Giacomo lo capiscano. Buona lettura."