Il dettato poetico di Luca Crastolla si caratterizza per una precisione del 'vocabolo' sempre più deciso nella direzione di una rottura del discorso e della grammatica. Tanto più esatto esso è, tanto più frastagliata è la sintassi, in quanto la versificazione, nel poeta pugliese, mantiene la sua quota nella voce, parola da cui deriva 'vocabolo'. Prima che quest'ultimo si riduca a lemma e a elemento codificale, rivendica il suo ruolo di 'urlo'. Questo singolare aspetto permette di riconoscere nella 'voce' di Luca Crastolla una naturale 'vocazione' non al racconto e alla didascalia (sempre evitata con accortezza da questo poeta) ma alla 'denuncia' assimilando così la lezione di grandi poeti conterranei al Nostro come Vittorio Bodini, Vittorio Pagano, Antonio Verri e in parte Salvatore Toma. Da questo humus di premesse germina e si sviluppa questa interessantissima plaquette pubblicata per l'editore Gattogrigio, in cui il tentativo dell'urlo per diventare canto - vale a dire il tentativo di passare dal disagio al sublime della fatiscenza- fiorisce nell 'incanto' di cui Luca, tuttavia, cerca di descrivere le 'sorti' e quindi il percorso.
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