Perché privilegiare i trattati - di pace, di alleanza, di non aggressione o semplicemente di spartizione di territori altrui - come strumento di rilettura della storia? I trattati sovente sono falliti perché dietro c'erano gravi contraddizioni che non aspettarono molto tempo per esplodere. I trattati sono pur sempre quei momenti nei quali compaiono i vari ordinamenti statali, con i loro disegni politici, con il loro peso effettivo economico e militare, con le varie coperture ideali. Tuttavia lo stile diplomatico non riesce sempre a nascondere del tutto la realtà dei problemi.

Le conferenze dell'Aia (1899 e 1907) e il trattato di Versailles (1919) non raggiunsero l'obiettivo di mantenere la pace ma è innegabile che in queste sedi venne avanti una complessa collaborazione di meccanismi per evitare i conflitti. Tutto, alla fine, risultò inutile perché nel 1914 e nel 1939 la parola passò alle armi. Ciò è da attribuire a determinate politiche espresse da determinati governi. Due guerre mondiali non servono a smentire una considerazione conclusiva: i rapporti internazionali devono avere una base pattizia. Al di fuori di questa non esiste speranza di pace.

È auspicabile che le celebrazioni del quarantennale dei sismi del 1976 non si esauriscano nella soddisfazione per la ricostruzione riuscita e nella legittima constatazione dell'importanza del patrimonio ambientale e culturale salvaguardato e valorizzato. Superata la data canonica del 6 maggio 2016, con i suoi discorsi ufficiali, ci possiamo avviare a una riflessione sui sismi del 1976 orientata a valutare una ricostruzione riuscita assumendo l'ottica della lunga durata delle tendenze economiche, sociali, politiche emerse con la catastrofe.

Attraverso la documentazione superstite si ricostruisce la storia della latteria di San Cassiano (1933-1993) e della vita della frazione che ruota attorno a questa istituzione economica. Nella sua evoluzione si riflette la più generale storia del Friuli, soprattutto in merito al movimento cooperativistico.

Analizzare oggi il riformismo liberale italiano che ha avuto come protagonisti Depretis e Giolitti, preceduti peraltro dallo stesso Cavour, non significa, come sottolinea prudentemente Otello Bosari, introdursi in un arbitraria opera di attualizzazione ma è indubbio che molti dei problemi di allora, sia sul piano politico che su quello istituzionale, pur in un contesto diverso e profondamente mutato, sono ancora presenti. Non del tutto risolti. Spesso addirittura non affrontati, che pesano su una lunga 'transizione' dopo la fine della prima repubblica. Ed è evidente che il collasso del sistema politico all'inizio degli anni novanta del secolo scorso non è stato causato soltanto dal mutato scenario internazionale che, con la caduta del 'muro di Berlino', ha prodotto la fine del blocco comunista.