New York’s lower east side was said to be the most densely populated square mile on the face of the earth in the 1890s. City health inspectors called the neighborhood “the suicide ward” and referred to one particular tenement—in an official Health Department report, no less—as an “out and out hog pen.” Diarrhea epidemics raged each summer, killing thousands of city children. Sweatshop babies with smallpox and typhus dozed in garment heaps destined for fashionable Broadway shops. Desperate mothers paced the streets to soothe their feverish children, and white mourning cloths hung from every building. A third of children living in the slums died before their fifth birthday.

By 1911, the child death rate had fallen sharply and The New York Times hailed the city as the healthiest on earth. In this witty and highly personal autobiography, public health crusader Dr. Sara Josephine Baker explains how this remarkable transformation was achieved. By the time she retired from the New York City Health Department in 1923, Baker was famous worldwide for saving the lives of 90,000 children. The public health programs Baker developed, many still in use today, have probably saved the lives of millions more. She also fought for women’s suffrage, toured Russia in the 1930s, and captured “Typhoid” Mary Malone, twice. She was also an astute observer of her times, and Fighting for Life is one of the most honest, compassionate memoirs of American medicine ever written.

L'opera prima di Helen Epstein (1979) affonda le proprie radici nella storia personale e familiare dell'autrice per poi estendere lo sguardo a un'intera generazione. Collocato a metà strada tra biografia, autobiografia e reportage, si sviluppa seguendo due binari paralleli. L'autrice spiega le dinamiche della propria famiglia scavando nei ricordi e nel doloroso passato dei genitori, ebrei sopravvissuti ai campi di concentramento nazisti; cerca inoltre un confronto con altri figli dell'Olocausto, i nati dopo la fine della Seconda guerra mondiale che hanno scontato le conseguenze psicologiche della persecuzione. La volontà di documentarne le voci e di confrontare la propria storia con la loro spingono la Epstein a viaggiare in Europa, Israele e Stati Uniti per intervistare centinaia di persone che condividono quel vissuto. Il risultato è un percorso drammatico e coinvolgente, un distillato di rigore e umanità attraverso cui l'autrice svela gli effetti a lungo termine della Shoah come trauma individuale, familiare e collettivo.

'Fra tutte le esigenze dell'anima umana nessuna è più vitale di quella del passato», scriveva Simone Weil. Questa coinvolgente biografia familiare 'al femminile' ripercorre non solo la storia di quattro generazioni di donne, ma anche la storia degli ebrei nell'Europa centro-orientale. Mettendo insieme frammenti dei racconti materni, testimonianze storiche e citazioni letterarie, l'autrice si apre un varco tra le nebbie della storia e dipinge un ritratto nitido ed emozionante delle proprie antenate, ebree ceche vissute tra Vienna e la Boemia. Unendo la precisione di studiosa all'abilità narrativa, con riferimenti a lingue e culture diverse, spaziando da Vienna a New York, dal medioevo ai nostri giorni, Helen Epstein introduce il lettore in un mondo sommerso e dimenticato per guidarlo alla scoperta di personaggi femminili delicati e vibranti. Il risultato è un'opera commovente e rigorosa, che cala le vicende private nella storia europea e filtra i grandi eventi storici attraverso i sentimenti e le vicissitudini di donne straordinarie.

Heda Margolius Kovaly's steady gaze at the lives caught up in Czechoslovakia's tragic fate under the Nazis and then during the Stalin era illuminates the chaotic life of a nation. Kovaly was deported to concentration camps, escaped from a death march, nearly starved in the postwar years, only to be shattered by her husband's conviction (in the infamous 1952 Slansky trial) and his execution. Resonant with lyricism, this gripping memoir is uplifting even in the midst of horror.