Roby è Roberto Manfrè Scuderi e sul suo Monte Pellegrino gli scalatori di Palermo incastrano le dita nelle fessure da lui scoperte. Ma Roby non è patrimonio dei soli palermitani, neppure dei soli siciliani. Figura carismatica, tra la fine degli anni Settanta e la metà degli anni Novanta, ha aperto, da solo o in compagnia, oltre 300 vie di roccia praticamente ovunque in Sicilia, con un'ovvia preferenza per quelle di casa, dove bastava una pedalata di 30 minuti per giungere all'attacco delle pareti. A Roby va riconosciuto inoltre il merito di essere stato il 'padre' di più di una generazione di scalatori siciliani. Si impegnava a fondo nel curare personalmente la formazione, culturale prima ancora che alpinistica, dei suoi discepoli, i cui frutti si colgono tra queste pagine. 'Roby Manfrè Scuderi - scrive uno di loro - non si può conoscere solo a parole. Roby Manfrè Scuderi va rivissuto stringendo le mani sullo stesso calcare che ha toccato, spremendo gli alluci sulla roccia che si è lasciata vincere da lui, assicurandosi ai chiodi che ha battuto e agli spit che ha piantato'. 'Roby è una ferita ancora aperta, che si ostina a non rimarginarsi. Almeno per coloro che lo hanno conosciuto'. Questo libro vuole raccontare, attraverso gli occhi di chi gli ha voluto bene, la sua storia, che è anche la storia di altri ragazzi e ragazze che hanno voluto poi continuare lungo la strada da lui tracciata. È un racconto corale, di cui Fabrizio Antonioli, Francesca Colesanti e Giuseppe Maurici hanno curato il coordinamento tra le diverse voci che lo compongono. Lavoro che sarebbe stato imposs
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