Una scoppola più un manrovescio sono il preludio di un "mazziatone". Che altro non è che una scarica nervosa di calci, schiaffi e pugni, senza controllo. All'impazzata. Adrenalina incontrollata sulla punta di mani e piedi per saldare conti in sospeso. Quando però il mandante del "mazziatone" non ha un volto ma è "solo" la vita (o meglio l'amore), è come dire che non è colpa di nessuno, non ci sono debiti da saldare o scuse da chiedere e si può solo accettare il destino come definitiva sentenza con contemporanea esecuzione di condanna. In giro per i vicoli, all'ombra del Vesuvio, drammi quotidiani si svolgono inesorabili sotto gli occhi di un giovane medico profondamente attratto da una Napoli che accoglie e abbraccia tutti.

Nicolita Serbàn è una donna del Novecento. Nata agli inizi del secolo, lo attraversa con vicende personali che la segnano nel corpo e nello spirito. Tra sogni e disillusioni, si aggrappa all'unico amore della sua vita. Un soldato del Sud, che lei raggiunge dopo la fine della Grande guerra e col quale vive in un contesto che il più delle volte non solo non rispecchia le sue aspettative, ma che si rivela spesso del tutto ostile. Sostenuta dalla sua tenacia però, non si arrende mai. E la vita riserva sempre delle sorprese.

Quando la tranquillità del piccolo paese di Borgo viene spezzata dall'urlo di un bimbo in fasce, l'intera comunità capisce immediatamente che quella creatura misteriosa, abbandonata davanti al portone dell'asilo, ha in sé qualcosa di speciale. Rosso Canisco, infatti, non è un bambino qualunque: intelligente e sveglio, osserva guardingo il mondo che lo circonda, tracciando una distanza tra sé e gli altri. Solo Lupetto, il timido figlio di Carmela e Michele, riesce ad attraversare quella coltre di diffidenza: i due si stringono in un'amicizia che spingerà le suore dell'orfanotrofio a farli diventare fratelli. Ma qualcosa si intrometterà tra di loro, portando Rosso a intraprendere un viaggio solitario, lontano da Borgo, alla ricerca del proprio destino.