Se negli scritti d'esordio di Sepideh Siyâvashi raccolti in 'Ridi in persiano' il tema centrale è l'esplorazione delle potenzialità insite nelle relazioni umane e il ruolo cruciale che con tutte le sue ambiguità vi riveste la comunicazione, anche quando è immersa nelle segrete profondità del dialogo interiore, nella sua seconda raccolta qui tradotta, 'Il palazzo di mezzanotte', l'autrice allarga la prospettiva, prestando particolare attenzione allo spazio che circonda l'uomo e in cui esso costruisce le proprie fragilissime relazioni. Uno spazio che non è confinato alle angustie del presente, del semplice vissuto quotidiano - immancabile sfondo, peraltro, della narrazione - ma che si dilata a 'comprendere' anche dimensioni altre, che tendono a prendere forma attraverso la rievocazione operatane dai protagonisti sulla scorta di suggestioni interiori che sfiorano lo stato onirico, la visione. Le storie e le vicende narrate sono pervase da un sotterraneo, profondo senso di inquietudine che trova le proprie radici nel vissuto dei personaggi e si espande fino a permeare oniricamente il presente, condizionandone i rapporti.
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