Natsumi è una casalinga come tante. Un marito, due figli, un appartamento moderno a Tokyo, scelto per la bella esposizione a sud e a est, in un palazzo vicino al parco e con piscinetta per bambini. La sua vita è un rincorrersi di lavatrici, conversazioni con le amiche, discussioni con i vicini, visite al supermercato o ai genitori, incombenze familiari o scolastiche. Natsumi non ha una preoccupazione al mondo, eppure dentro, sotto la facciata composta e ordinata, il suo io freme e ribolle. Nel suo palazzo borghese, nella sua vita borghese dove niente succede mai e succede tutto, ecco allora che subentrano minuzie, ansie più o meno futili. Riflessioni sui turni dei lavori domestici, una straordinaria capacità mnemonica da casalinga per la collocazione delle merci sugli scaffali, la seduzione della società dei consumi che crea interminabili desideri: tutto questo fluisce nel monologo interiore della protagonista, riempie un vuoto che si sospetta esistenziale e poi ingloba anche il lettore, che si ritrova incapace di porre confini fra sé stesso e Natsumi, risucchiato in una vertigine da cui non si solleva e in cui però nemmeno mai cade. Con una lingua mimetica, limpida e iridescente, Mieko Kanai porta alla luce la tranquillità e la crudeltà che coesistono fianco a fianco in ogni vita ordinaria. Una lieve vertigine è la voce che parla ininterrottamente nella nostra testa ma è anche studio sul matrimonio, sulla genitorialità, sull'essere donne, sulla lotta fra l'immagine che proiettiamo e ciò che, nel foro interiore, pensiamo di noi stessi.

Like the surfaces of a jagged crystal, each story in this collection shows an entirely different facet when viewed from a different angle. Playing games with the basic units of both life and fiction-the solid certainties of the self, the world around us, and the words we use to describe these things to one another-Mieko Kanai creates a reality where nothing is certain, and where a little boy going out to run errands for his mother might find that he's an adult, and his mother long dead, at the end of a single train ride. Using precise language to describe dreamlike plots owing as much to Kafka and Barthelme as to Kenzaburo Oe and the long tradition of the Japanese folktale of the macabre, The Word Book is an unforgettable voyage to absurd, hilarious, and terrifying locales, and is the English-language debut for one of the greatest and most interesting Japanese writers working today.

from The Word Book:

. . . he remembered the black leather case that had been stolen on the train. And the chocolate he had saved for later, carefully rewrapping it in its silver foil; and the blood, clear as a glass bead, that had seeped out in the center of the bruise just under his nipple; and Maureen O'Hara, smiling provocatively in her evening gown of satin (or velvet) the same green as her eyes; and the feral-smelling musk. His remembering that he had a mother who drank a liter of milk was so sudden and unnatural that he burst out laughing. The abruptness with which one remembers that one has forgotten even the fact of having forgotten. At this rate, he'd probably forgotten that he'd forgotten many other things. So I think. In this weightless space of memory. At a coffee stand in front of the station facing the triangular park where small cypress trees were planted . . .