Lavorare in Niger è un privilegio. Lo è per i nigerini, che vivono nel Paese più povero del mondo, che offre poche opportunità e precarie condizioni di lavoro. Lo è per i migranti, ingabbiati dalle politiche fatte proprie dal Niger, promosse da Stati che oggigiorno vedono il migrante come mero oggetto economico da sfruttare o come 'invasore' e 'ladro'. E lavorare in Niger è diventato un vero privilegio per chi vi realizza azioni di cooperazione internazionale e di ricerca, perché dal punto di osservazione che offre il Niger il mondo appare diverso. Un Paese di mobilità e transito storici si è trasformato in una delle nuove frontiere dell'Europa. Frontiere porose, ma anche troppo controllate, che fanno incespicare, cadere, soffrire e morire persone alla ricerca di una chance di vita migliore. Guardare le migrazioni dal Niger significa osservare la deriva dei migliori sistemi di diritto e dei principi di convivenza civile e lo sfaldamento culturale ed etico. I nostri. 'Il Niger e le nuove frontiere dell'Europa' offre una lettura di come, in Niger, migrazioni e lavoro siano al contempo concetti legati e slegati, accomunati da una progressiva erosione dei diritti, riflesso di processi mondiali. Attraverso interviste e incontri ravvicinati con protagonisti istituzionali, sindacali, lavoratori e lavoratrici migranti il libro decostruisce l'ossessione dell'invasione africana e ci richiama al basilare principio che ampliare l'applicazione dei diritti non significa doverli sottrarre a chi ne gode già, come vagheggia chi respinge l'idea della naturale mobilità umana. Questo in sintes
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