Nella narrazione del vissuto scolastico di Davide, allievo certificato come portatore di disturbi relazionali, del professor Bonforti e di altri momenti vissuti dallo stesso insegnante, in altre scuole, prima e dopo, si dipanano le ragioni dei cambiamenti presentati nel volume 'Proposte per una scuola inclusiva' (Aracne, Roma 2016). Si racconta di una scuola che con molta fatica gestisce Davide e altre situazioni difficili, ma che in qualche modo riesce a riflettere, ripensarsi e riorganizzarsi, per diventare una scuola in grado di accogliere allievi con bisogni educativi speciali, contemplando l'idea di speciale normalità. I principi informatori, già esposti nel saggio di cui sopra, sono qui vissuti attraverso la narrazione dei tentativi di affrontare situazioni complesse aprendo spiragli di speranza e di fiducia, nella direzione di una scuola più efficace e, insieme, più inclusiva.

Il libro raccoglie cinque racconti. Il primo è autobiografico e narra l'esperienza di una grave malattia affrontata, però, con la grinta di un combattente. Il secondo racconta una storia d'amore ambientata nella campagna romana del 1849, mentre i garibaldini affrontano i francesi. Il terzo racconto riporta i lettori al recente passato, a un piccolo centro del litorale romano improvvisamente sconvolto dalla speculazione edilizia. La protagonista del quarto racconto è Martina, una donna provata da una recente separazione, che verrà suo malgrado coinvolta in una storia quasi surreale. Infine una buccia di cipolla, nell'ultimo racconto, è il pretesto per affrontare la realtà dolorosa delle migrazioni africane.

La premessa teoretica che anima il testo sta nell'urgenza di confrontarsi con alcuni interrogativi sulla possibilità di comprendere la mortificazione dell'umano nelle sue molteplici forme. Lo sforzo di chiarire tale questione sembra vanificato dal vortice di contraddizioni specifiche emergenti sia nei vissuti interiori dei singoli, sia nella vita sociale. Legittimazione, dissimulazione e negazione del male ricorrono nella cultura dominante impedendo la maturazione di una vera coscienza critica. Da Freud e Fromm, attraverso la psicoanalisi, la sociologia e la teoria critica, vengono svelati gli inganni che spesso portano a dissimulare il disumano e a diffidare del bene possibile.

Approfondendo il caso della grande emigrazione italiana transoceanica di fine Ottocento e inizio Novecento, il volume mette in discussione la consolidata immagine storiografica della catena migratoria di inizio secolo quale percorso di cooperazione tra migranti. L'interpretazione del fenomeno migratorio è spostata dalla storia sociale della catena migratoria, quale esperienza di cooperazione, al terreno più prettamente economico della rete di profitti e speculazioni che si crea attorno al percorso del migrante, sottolineando la debolezza delle politiche dello stato liberale rispetto al bisogno di contrastare tali fenomeni ristabilendo un proficuo rapporto tra migrazioni e commercio estero italiano. La base documentaria del volume è costituita da letteratura storica e fonti archivistiche italiane.

La trattazione ha l'obiettivo di indagare l'utilizzo che si è fatto dell'abuso del diritto nell'ordinamento comunitario e in quello nazionale. La ricerca muove da uno studio sulle origini storiche del concetto di abuso, approfondendone la razionalizzazione ad opera dei civilisti francesi e tedeschi di inizio Novecento e il suo recepimento da parte della dottrina e della giurisprudenza italiane, per considerare, in seguito, gli orientamenti volti a estenderne l'applicabilità ad altri settori. L'analisi volge, poi, ad esaminare le potenzialità applicative del concetto antiabusivo nella materia tributaria, mettendone in risalto analogie e differenze rispetto agli strumenti antielusivi di emanazione legislativa. In particolare si sofferma sugli orientamenti giurisprudenziali che ne hanno determinato la trasformazione in norma giuridica di genesi pretoria.