All you can eat
Book (italiano):
Possiamo considerarlo un esempio di project poetry, questo "All you can eat", libro della maturità di Lidia Riviello, tutto concentrato intorno a un nucleo letteralmente indigesto, che il capitalismo, o con Donna Haraway il Capitalocene, nonostante il motivo allegorico gioviano dello spiritus che durissima coquit, non riesce completamente - non ancora - ad assimilare nel doppio senso di questa parola: ed è l'animale necessità del fare cibo di qualcos'altro, qualcun altro, nell'impossibilità di divorare direttamente il sole. Siamo tutti food chains, catene alimentari, e non sappiamo di esserlo, ci ricorda Riviello, ma, come direbbe Aldo Leopold, «troppa sicurezza, a lungo andare, sembra produrre solo pericoli». Così questo libro costruisce un panopticon, un carcere perfetto in cui l'occhio si posa su ogni cosa e di ogni cosa fa commestibile. E allo stesso tempo crea un soggetto molteplice, animale caleidoscopico dalle mille bocche che si disperde in voce neutra, in annuncio pubblicitario-autoritario di un mondo in cui si viene disperatamente parlati da una voce dentro lo stomaco. Fino a farsi e farne continuità digestiva ininterrotta cibo-corpo-casa-mondo, enorme bolo, susseguirsi di s/cene primarie, ironiche cene primarie à la Hillmann, e sempre vagamente antropofaghe. La pandemia della primavera 2020 vi entra per restare, come «sensazione predatoria», messa a fuoco e allo stesso tempo ricordo di qualcosa che ci accorgiamo di conoscere troppo bene da troppo tempo. Già lo scintillio di Neon 80 era di luce fredda, ma in questa raccolta, in cui ogni testo prilla su sé stesso c
|
Quantity
|

|
|