Per prendere consapevolezza dei meccanismi che portano alla legittimazione delle disuguaglianze, possiamo immaginare una metaforica «OFFICINA DEGLI IMMAGINARI», all'interno della quale una specifica catena di produzione, attraverso modalità predefinite, consente di ottenere un certo prodotto. Analizzeremo quindi cosa e come viene prodotto e chi dirige la produzione. Il PRODOTTO 'primo' di questa metaforica officina è una pervasività delle forme della disuguaglianza, le quali stabiliscono «una grottesca definizione di vite che contano (e dunque degne di lutto se muoiono) e vite che non contano». Le modalità di giustificazione di queste disuguaglianze sono governate da logiche strumentali per la difesa del potere e delle sue prerogative, dei propri privilegi e sicurezze, a prescindere dalle conseguenze che le azioni di un governo o di un gruppo sociale producono su tutte le altre zone del mondo. Ad esempio, le nazioni occidentali sono consapevoli di alimentare un sistema produttivo e di adottare uno stile di vita con una portata distruttiva a livello globale, eppure lo rivendicano in quanto loro diritto: hanno il potere di farlo. Il sé altro, marcato da una differenza, viene relegato ai margini, come sacrificabile, o anche oltre quei margini, nella zona del non-essere. In questo modo, viene posta una cesura fra ciò che umano e ciò che non lo è, delineando così two humanities, ossia la concezione di un'umanità biforcata tra sub-umani e super-umani, che scorre sottotraccia impedendo una piena uguaglianza sociale. Il concetto di 'umano' è storicamente variabile e determinato dai
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