'E anche adesso che ci ha lasciato continuo a sentire la sua voce solida e le sue indicazioni precise risuonano in me'. Questo scriveva Marta Iannetti di Luigina Panza, la sua principale informatrice. E questo è ciò che si avverte, leggendo il volume in cui la voce di Marta si intreccia con quella delle donne di Pietracamela. In questa polifonia, la sua voce si leva nitida, schietta, brillante anche quando racconta di solitudine, nostalgia, silenzi di paesi spopolati, di distanze, di qualche rimpianto. La presenza/assenza delle donne nella letteratura scientifica è strettamente legata a quella delle scienziate sociali, storiche e antropologhe e al loro 'accesso al campo'. Il lavoro di Marta si inserisce in questo solco di ricerca in cui la sensibilità dell'antropologa intercetta le storie di altre donne, anche di diversa generazione, e se ne prende cura attraverso un ascolto profondo e rispettoso; un ascolto attivo che passa attraverso lo sguardo, la postura, la vicinanza fisica che si scorge non soltanto dalle immagini che corredano il volume facendoci entrare nelle case dei protagonisti, seduti con loro in salotto, ma dalle parole stesse. È una vicinanza, quella di Marta con le sue interlocutrici, che è vivida, palpabile. Quel tempo passato - che nel testo è definito il tempo di 'ieri' - non è passato, ma costruisce nuovi immaginari, getta luce sulla complessità e sulla capacità delle comunità di montagna, di donne e di uomini, di non darsi mai per vinti. Marta ci ha consegnato un documento che è anche un testamento, nel suo senso etimologico di patto, promessa, alleanza.
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