"Senza un grido" č una raccolta di racconti che si svolgono nell'immediato dopoguerra. La guerra č finita e la violenza continua a dilagare: un uomo si trascina dietro moglie e figli in quattordici campi profughi e finisce per essere cacciato di casa. Branka viene picchiata, maltrattata e derubata dal suo amante, eppure lo segue ovunque. Lo zio Ratko crede di essere un genio e lavora per anni a un'opera letteraria che nessuno della famiglia riuscirą mai a vedere. Le storie di Tisma descrivono, senza giudizio, il destino irripetibile dei personaggi che si dibattono tra amore e odio, violenza e desiderio, trionfo e umiliazione. La sua freddezza serve a renderci a nostra volta testimoni. I suoi personaggi sono tutti tratti da eventi reali e non devono nulla a un'indulgenza immaginaria, la cui morbositą sarebbe allora sospetta. Č come se la violenza della guerra si fosse infranta in migliaia di piccoli frammenti individuali, ognuno con la propria ferita. L'arte di Tisma in questo libro consiste nel sezionare, con la massima meticolositą, l'animo di questi sopravvissuti per offrirlo al lettore sul tavolo anatomico.

Nella cittą serba di Novi Sad, nelle vicinanze della frontiera ungherese, tra il 1939 e il '45 persone legate tra loro da relazioni di parentela e vicinanza sono investite dall'uragano della storia. Un uragano che assume le fattezze della seconda guerra mondiale, catastrofe che investe tutto e tutti, sconvolgendo le vite della facoltosa famiglia ebrea dei Kro-ner e dei serbi Bozic e Lazukic, i cui destini e le cui storie si intrecciano intorno al diario rosso di Anna Drentwenscheck, insegnante di tedesco della cittadina. Vera, Milinko e Sredoje, i tre protagonisti, rappresentano un'umanitą che resiste all'orrore e alla follia del nazismo, che non cede il passo senza combattere, che soffre e patisce senza mai smarrire l'amore e l'entusiasmo per la vita. Come nello stile di Tisma, che qui raggiunge la piena maturitą stilistica, la loro č una storia di sconfitti: «Penso che ogni vittoria sia falsa - scrive l'autore -. Vera č solo la sconfitta, perché la vita č in definitiva sempre una sconfitta, a meno che non sia, dal principio alla fine, un'illusione. E le illusioni non mi attirano».

Aleksandar Tišma’s The Use of Man is an unsparing and unequaled reckoning with the destruction of human life, self, and being in war, a book about a particular time and place, World War II and the Balkans, but nonetheless for all times. Set on the banks in the multiethnic town of Novi Sad on the Yugoslavian border with Hungary, the novel tracks the intertwined lives of a group of young people, high-school classmates, accustomed to studying and dancing and flirting and gossiping with one another. Then war breaks out, changing everything. Vera, of German background and half Jewish, is sent to a concentration camp; her cousin Sep becomes a Nazi; her boyfriend Milinko, a Serb, joins the resistance. Another friend, Svedoje, triumphs over the mayhem by becoming a killer, pure and simple. And when Vera returns after the war to what remains of the place called home she finds that survival, too, has its dead ends.

Tišma is one of the master writers of the twentieth century, a companion to Vasily Grossman, Curzio Malaparte, and Lįszló Krasznahorkai. Writing about the savagery that erupts in war but also about the persistent terror that underlies peace, Tišma, more than any of his peers, speaks directly to the unspeakable cruelty of life. He does so, however, with a composure, with a respect for the singularity of human character and existence, and with bleak beauty that makes his work not only unignorable but essential. The scrupulous archaeologist of the destroyed soul, he restores its fragments to our contemplation with such art and care that we cannot turn aside.

La racija dell'esercito e della polizia ungherese a Novi Sad dura tre interi giorni - 21, 22, 23 gennaio 1942. Č la prima rappresaglia collettiva degli occupanti. Viene sterminata la comunitą ebraica, decimati i serbi, uccisi slovacchi, croati, rom, rumeni; colpiti i 'nemici etnici' e i sospetti oppositori. La rappresaglia fallisce e i giorni di Novi Sad diventano il passaggio di sangue attraverso il quale il movimento di Liberazione guadagna una coscienza unitaria.