Gennaio 1935. La California è provata da lunghi mesi di siccità quando, da un barometro su una nave al largo delle coste giapponesi, arriva un insolito segnale. A San Francisco, un giovane meteorologo inizia a seguire questo «piccolo vortice appena nato», il germe di una futura tempesta, e in cuor suo le dà un nome: Maria. Quando, giorni dopo, arriva in California, Maria è ormai un ciclone pienamente formato, carico di energia distruttiva. Maria non è umana, ma è una creatura vivente, in tutta la sua crudeltà e indifferenza, maestosità e meraviglia. Maria è capace di uccidere. Il romanzo di Stewart segue la sua evoluzione verso e oltre le coste degli Stati Uniti attraverso gli occhi di meteorologi, tecnici di linea, operatori di spazzaneve, un generale, una coppia di innamorati in fuga e persino un gufo, un coyote e un maiale. Un libro lungimirante e anticipatorio che si muove tra disastri naturali, ricerca scientifica, poesia e filosofia, per parlarci dell'intima connessione di ogni aspetto della natura a ogni latitudine. Ma anche di come eventi apparentemente insignificanti possano avere un impatto catastrofico su scala globale, portandoci a riflettere sulle conseguenze potenzialmente disastrose dell'era del cambiamento climatico. Pubblicato originariamente nel 1941, da subito best-seller, ha inaugurato la tradizione di dare un nome ai cicloni tropicali grazie alla sua rara alchimia di narrativa e scienza, opera di un profondo conoscitore di storia, geografia, meteorologia ma, soprattutto, della natura umana.

«Una generazione va, una generazione viene, ma la terra rimane in eterno.» Con questa citazione biblica, veniamo introdotti in un mondo in cui una rapida e fatale epidemia ha ben più che decimato il genere umano e solo pochi sopravvissuti si aggirano ancora tra le strade una volta popolose della città. Isherwood Williams, giovane ricercatore di ecologia alla Berkley University, è uno di questi. Dopo aver trascorso diverse settimane tra le montagne, isolato dal resto del mondo, Ish scopre che la civiltà a cui cerca di fare ritorno non esiste più. Affronterà quindi, come un novello Adamo, il mondo nuovo che gli si apre davanti cercando di comprenderne le nuove leggi e di sfruttarne le potenzialità. Il lettore si ritrova testimone dell'avvicendarsi di tre generazioni, e del conseguente lento mutare dell'umanità. Stewart sceglie un narratore dallo sguardo analitico, quasi distaccato, per leggere e interpretare un mutamento a cui opporsi è impossibile e attraverso questo pone delle domande, forse inquietanti ma inevitabili: come cambia la terra quando l'azione dell'uomo non è più in grado di lasciare la sua impronta? Le norme che regolano la nostra civiltà sono davvero immutabili?

An instant classic upon its original publication in 1949 and winner of the first International Fantasy Award, Earth Abides ranks with On the Beach and Riddley Walker as one of our most provocative and finely wrought post-apocalyptic works of literature. Its impact is still fresh, its lessons timeless. When a plague of unprecedented virulence sweeps the globe, the human race is all but wiped out. In the aftermath, as the great machine of civilization slowly, inexorably, breaks down, only a few shattered survivors remain to struggle against the slide into barbarism . . . or extinction.This is the story of one such survivor, Isherwood “Ish” Williams, an intellectual loner who embraces the grim duty of bearing witness to what may be humanity’s final days. But then he finds Em, a wise and courageous woman who coaxes his stunned heart back to life and teaches him to hope again. Together, they will face unimaginable challenges as they sow the seeds of a new beginning.“One of the finest of all post-holocaust novels.” — The Encyclopedia of Science Fiction

George R. Stewart's classic study of place-naming in the United States was written during World War II as a tribute to the varied heritage of the nation's peoples. More than half a century later, Names on the Land remains the authoritative source on its subject, while Stewart's intimate knowledge of America and love of anecdote make his book a unique and delightful window on American history and social life.

Names on the Land is a fascinating and fantastically detailed panorama of language in action. Stewart opens with the first European names in what would later be the United States—Ponce de León's flowery Florída, Cortés's semi-mythical isle of California, and the red Rio Colorado—before going on to explore New England, New Amsterdam, and New Sweden, the French and the Russian legacies, and the unlikely contributions of everybody from border ruffians to Boston Brahmins. These lively pages examine where and why Indian names were likely to be retained; nineteenth-century fads that gave rise to dozens of Troys and Athens and to suburban Parksides, Brookmonts, and Woodcrest Manors; and deep and enduring mysteries such as why “Arkansas” is Arkansaw, except of course when it isn't.

Names on the Land will engage anyone who has ever wondered at the curious names scattered across the American map. Stewart's answer is always a story—one of the countless stories that lie behind the rich and strange diversity of the USA.

A disease of unparalleled destructive force has sprung up almost simultaneously in every corner of the globe, all but destroying the human race. One survivor, strangely immune to the effects of the epidemic, ventures forward to experience a world without man. What he ultimately discovers will prove far more astonishing than anything he'd either dreaded or hoped for.


From the Paperback edition.