Un rapporto tra fratelli che si riallaccia quando uno dei due, ormai adulto, torna a casa dopo un lungo autoesilio nascondendo una verità dolorosa, una relazione che mette in luce la staticità di cui si nutre, un paese sommerso sotto un lago artificiale che rimane "casa" anche dopo anni, un lutto elaborato da una donna grazie alla fuga in un altro Paese e l'accudimento del più improbabile dei cani... C'è un punto dentro ognuno di noi di immobilità perfetta, intorno al quale tutto il resto si muove. I racconti di "Fino ad agosto" mostrano personaggi che per un motivo o per un altro arrivano a intravvedere quel punto e a esserne attratti, persone che hanno bisogno di un momento di pausa, di una ripartenza o di una nuova prospettiva. Sono in transito, in trasformazione, sulla soglia di decisioni segnanti. Nella calma inquieta che precede il passo. Tutto per arrivare a quel punto. Perché la vita non ha significato in ciò che è stato o in ciò che sarà, ma in ciò che è ora, nell'equilibrio fuggevole e imperfetto che continuiamo a inseguire.

In short vignettes and longer stories, Josephine Rowe explores the idea of things that are left behind: souvenirs, scars, prejudice. These beautifully wrought, bittersweet stories capture everyday life in restrained poetic prose, merging themes of collective memory and guilt, permanence and impermanence, and inherited beliefs. A mother moves north with her young children who watch her and try to decipher her buried grief. Two photographers document a nation’s guilt in pictures of its people’s hands. An underground club in Western Australia plays jazz to nostalgic patrons dreaming of America’s Deep South. A young woman struggles to define herself among the litter of objects an ex-lover has left behind.