Già dal titolo, 'Ti vedo pallido... in lontananza', la raccolta della poetessa Martine-Gabrielle Konorski rivela la sua matrice dialogica e memoriale. Il suo è un discorso rivolto all'altro, abitato dal suo ricordo o dal suo richiamo alla memoria; per questo si avvale di una costante riflessione sul tempo, che direi soggettivo, in una dimensione bergsoniana o proustiana. Rivolgendosi all'altro, ne individua la peculiarità fisica ('pallido') e la condizione spaziale ('in lontananza'), il che fa assumere a quest'altro un incarnato vagamente decadente e sofferto e una condizione di perdita. Il pallore, segno di cagionevolezza fisica, può far pensare a una condizione di afflizione e fragilità (Un amante? Una persona cara?), mentre la lontananza lo pone a una distanza che quasi ne preclude la vista, come per un effetto cinematografico di dissolvenza...
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