"Corpulenta, seno importante, poggiato sullo stomaco sodo e prominente, a nonna Chicca l'età le veniva data, oltre che dalla carta di identità, dai lunghi capelli, bianchi, bianchissimi, quasi lattei, che era solita portare raccolti in una crocchia tenuta in bella mostra sulla nuca da una forcina d'acciaio. Sul suo viso, coperto oramai di marcate rughe, balenavano gli occhi scuri, che sprigionavano uno sguardo dolce e gradevole, così tenero da conquistare ogni bambino che incrociava. Aveva un nome sereno, nonna Chicca, sereno come il cielo: Celeste. Umile e discreta, era stata allevata con sani principi morali e religiosi. I suoi genitori, gente semplice e ospitale, ogni domenica, erano soliti andare a Messa. Per loro, e per quelli della loro "mentalità", era giusto fare una visita al "Signore" almeno una volta a settimana. Figlia unica, avrebbe desiderato un fratello o una sorella con cui crescere, ma il fato, purtroppo, sa essere anche nemico imbattibile quando vuole". Rita Golino in questo romanzo parla il linguaggio autentico e puro, antico e moderno, dell'amore, di quello che c'è e di quello che se c'è è ricerca continua, senza sosta, senza fine.

"Rime tra giornali" è un'opera che invita il lettore a riflettere sul presente, a non chiudere gli occhi di fronte alle ingiustizie e a riscoprire i valori fondamentali dell'umanità. È un promemoria che la vita è un dono prezioso e che vale la pena lottare per un mondo più giusto e umano, un mondo in cui la bellezza e il mistero dell'esistenza possano ancora fiorire e illuminare il cammino di tutti.

C'è il "prima" e c'è il "dopo" in ogni poesia di Rita Golino. C'è perché c'è emozione, sensazione e bellezza. Il prima del momento, che in lei è però già ricordo impresso, e il dopo del vissuto, che per lei diventa, per antitesi, come riflesso di presente. Il logorio degli anni, il tumulto del tempo, il garbuglio dello spazio, le sempre più assenze di una presenza mai scomparsa, l'andirivieni dei sogni, di quelli infranti e di quelli consunti, e il ritmo dei turbamenti, che a volte commuovono e altre scuotono, che a volte impressionano e altre razionalizzano. Silloge antica scritta con inchiostro bianco per poesie in cornice. Il contorno serve per tracciare un solco di idealità personale, quasi un bisogno profondo di sentirsi persona "viva". Inchiostro che appena scrive si cancella, per quanto tenue, leggero e umile.

Come è composto un uomo? S'impasta un po' di farina, sale e acqua, si aggiunge un po' di lievito e si fa scorrere vino rosso in tubicini trasparenti ed ecco fatto. Certo c'è da dire che non tutto il lievito viene miscelato e gestito nello stesso modo, infatti c'è chi lievita di più e chi si ferma allo stato iniziale per... Chissà forse per scarsezza di lievito o per mancanza di calore. Ultimo elemento utile: un orologio le cui batterie, in alcuni casi possono essere stracariche, in altri casi quasi del tutto scariche. La parte del corpo più sviluppata è sicuramente la spugna scura, molle e umida che si trova spostata a destra ed alle volte risulta molto ingrossata dalla enorme quantità di bile che trabocca lasciando un indelebile e disgustoso amaro. Infatti in ognuno di noi alle volte, vi è così tanto amaro da esserne intrisi. Il tempo, le giornate, i malesseri determinano gli umori di ognuno di noi, ma sicuramente non esiste nessuno al mondo che possa dire: "Non ho mai avuto l'amaro in bocca".

La nostra vita potrebbe essere paragonata a un'espressione aritmetica: se si apre la parentesi graffa viene inciso l'anno di nascita di ognuno di noi, aprendo la parentesi quadra troviamo giorno e mese, aprendo la parentesi tonda troviamo i primi anni della nostra vita: infanzia + adolescenza + maturità + vecchiaia, chiudendo la parentesi tonda rimarrebbe una x e chiudendo la parentesi quadra ci si potrebbe trovare il segno meno e uno spazio vuoto che potrebbe essere riempito solo dal giorno, mese, anno, della definitiva chiusura della medesima parentesi. Questo è un libro autobiografico e tenendo conto dell'espressione aritmetica, aprendo la parentesi graffa troviamo un nome Cormons, un numero 1942 - aprendo la quadra si legge 5 - 11 - in quella tonda leggeremo invece particelle di una vita vissuta in settantacinque anni.

Dovrebbe essere normale ed è per questo straordinario. Una vita comune, come tante, eppure incredibile nella sua purezza e verità. Attimi di una storia, personaggi di una vita, che viaggiano come vagoni di un treno, su binari di città, di volti, di momenti, tra stazioni conosciute eppure del tutto nuove. Inerpicandosi in cammini tortuosi e scendendo poi giù in picchiata, inanellando una dopo l'altra situazioni programmate o inattese, percorsi in cui ognuno di noi può riconoscerci, o che desidererebbe vivere o che si augurerebbe forse un giorno di capire. Un romanzo sull'amore, sul dolore, sulla morsa di oppressione che ti pervade quando a spegnersi è la parte migliore di te stessa. Un cammino su una distesa di esperienze. Una corsa a perdifiato nella certezza che nel percorso della vita non si è mai soli.

È un cammino ideale nel quale l'autrice ci conduce per mano con sapienza e sagacia attraverso il percorso intimo della sua esperienza di vita. Dai ricordi della sua serena fanciullezza passando all'adolescenza inquieta e riflessiva fino ad arrivare alla maturità consapevole dell'età adulta, Rita, mi permetterà l'autrice questo eccesso di confidenza, descrive con parole a volte dolci a volte dure le sensazioni di una vita. Non sono solo poesie di ricordi ma anche grida di dolore per alcuni fatti orrendi di cronaca che ci hanno fatto troppe volte trasalire, che ci rendono indifesi di fronte a tanta crudeltà.