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2025 |
![]() ![]() Author: Cuttrera Sabato; Bascetta Arturo Publisher: ABE Su Sibilla di Sicilia Regina di Palermo, altrimenti detta Sibilla di Medania, o di Acerra, non ci sono più dubbi che sia la stessa persona. Non bisogna però fare confusione, essendoci più sovrane di tal nome, con la Sibilla angioina di Gerusalemme, diva dei romanzi ottocenteschi, ai tempi della conquista del S.Sepolcro da parte del Saladino, o con la Sibilla delle Fiandre, sorella di Goffredo il Bello. E' però vero che la nostra Regina rischia di mandare ugualmente in confusione il lettore perché fu retrocessa a a Contessa di Lecce, spuntata nel pieno della guerra fra guelfi e ghibellini, quando Brindisi fu col marito Re Tancredi, e il papa costrinse monache, chiese e benedettini a voltare le spalle a quest'ultimo sovrano degli Altavilla, lasciando che la vedova perdesse due troni. Dopo una lunga premessa di chicche storiche sull'area di Lecce, Ostuni, Cassino, e la guerra fra Guglielmo il Buono e quello Cattivo, il libro riparte dalla fondazione di San Giovanni in Lecce, voluta a suo tempo da Accardo, per rilanciare la figura del bistrattato Conte di Lecce, il quale assurge a Re, e della sua vedova, retrocessa a Contessa. I succosi capitoli su Sibilla sono una continua scoperta di una bella figura di Acerra, del sangue dei D'Aquino-Medania, madre di cinque figli dispersi, designata a Regina di Palermo, dopo essere stata prigioniera dell'avversa Costanza di Sicilia, poi trattenuta anch'essa dalla stessa a Salerno, salvata dal nemico, e poi costretta dal papa al ritiro, pronto a rilanciare il Regno di Dio in terra. L'ex Contea di Lecce sarebbe stata la sede ideale per l'esil € 55,00
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![]() ![]() Author: Barrella Alfredo; Bascetta Arturo Publisher: ABE Il libro pone in rilievo, con onestà intellettuale e scavo delle fonti, interrogate sui loro più terribili segreti, tirando fuori fatti e personaggi abbandonati all'incuria del tempo, all'oscurità, se non proprio alla morta gora, la palude dell'Inferno. Fatti, avvenimenti, personaggi trattati in modo chiaro e, a volte, con linguaggio aulico, derivante direttamente dall'opera originale consultata, nei pregi e nei difetti, nelle ragioni e nei torti, come negli atti di valore che in quelli meschini. Sfilano dinanzi ai nostri occhi vicerè, conti, baroni, marchesi, nobili cardinali che fanno il bello e il cattivo tempo sulla pelle dei sudditi, deboli e miseri della società. Sono le ribellioni eroiche del popolo, oppresso dalle angherie, dalle ingiustizie e dallo sfruttamento feroce che riducevano la gente alla miseria e alla fame. Il 1598 si era aperto portando sul trono il Principe delle Asturie, che prese nome, seguendo le indicazioni del padre, di Re Filippo III, sovrano anche di Napoli, dove sedeva il suo Vicerè d'Olivares. Il nuovo Re si sposò al più presto, l'anno dopo, con Margherita d'Austria, sorella dell'Imperatore Ferdinando II di Germania, dalla quale avrà otto figli, di cui quattro di vita lunga: Anna d'Austria (1601-1666), che divenne Regina di Francia, il futuro Re di Spagna Filippo IV, Ferdinando, che divenne Governatore dei Paesi Bassi spagnoli, e Maria Anna di Spagna, che divenne Imperatrice poiché sposò il cugino Ferdinando III d'Asburgo. Quelli che sembrano spagnoli, in realtà, continuano ad essere regnanti d'Austria, proseguendo la stirpe con gli intrecci di € 49,00
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![]() ![]() Author: Bascetta Arturo Publisher: ABE Nessuno, più di Giovanna II, erede diretta di Carlo il Piccolo, può dirsi Regina di Napoli, Sicilia e Gerusalemme, così come di una miriade di stati, fra cui i rispolverati regni di Rama e di Accola, come principiato ai tempi di Roberto il Guiscardo. E' questo un dato da sottolineare, confuso, abiurato o tralasciato dagli storici, che continuano a confondere Roma con Rama, urbe ben definita dai cronisti, e il trono dell'«H» di Puglia, motivo per il quale l'ex Duchessa di Durazzo era già Regina da diverso tempo quando successe a Re Ladislao su Napoli. La Giovanna II di questo libro rappresenta un susseguirsi di avvenimenti strabilianti, quasi prodigiosi. Essi permettono a questa fanciulla cresciuta dalla Chiesa, e quasi indifesa, di tenere a bada gli uomini di potere, passando la patata bollente della unificazione del reame, ora nelle mani di Sergiano Caracciolo, ora di Sforza, elevato a generale contro i capitani di ventura Orsino, Braccio e Tartaglia. Caracciolo ne guadagna la Prammatica Filangiera, quella che toglie i feudi ereditari, ma poi tradisce e ambisce al partito avverso del Re, insieme al papa, per tenere rinchiusa la Regina. Il governo cadrà col ritorno di Sforza e l'investitura di Giovanna, finalmente acclamata Regina, nella chiesetta napoletana dell'Incoronata. Ora è lei che fa imprigionare e liberare amici e nemici, a cominciare da Sergiano e dal marito, complici del papa, che le ha già scippato il Principato di Salerno. Ma la Regina si sente tradita: non le resta che chiedere aiuto a Re Alfonso d'Aragona, in cambio della successione al trono. Perfino Sforza € 55,00
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![]() ![]() Author: Barrella Alfredo; Bascetta Arturo Publisher: ABE Juan Alfonso Conte di Bonivento fu designato dal sovrano Fillippo III d'Austria a Viceré di Napoli, quale III prorex scelto dagli Asburgo per fare le veci della casa regnante (senza contare i luogotenenti nominati in loco durante i periodi di vacatio), in un periodo di grande turbolenza politica. Il suo incarico ebbe luogo in una fase in cui il Regno era sotto il controllo spagnolo. Sotto la sua amministrazione, Napoli, fu coinvolta in eventi di basso rilievo, sia sul piano politico che culturale, ma appariscenti. La sua figura non è associata a particolari gesta militari, ma piuttosto a un ruolo di mediazione e amministrazione del potere e dell'ordine, quello che cercava di mantenere in un periodo di grande instabilità. Gli stati dell'Italia imperiale del tempo erano influenzati dalle tensioni tra Spagna e potenze europee come la Francia, e questo ebbe un impatto diretto sulle politiche locali. Il Regno si presentava confuso, con strade malsane e gente povera, fra poveri e delinquenti, e prelati e chierici di Chiese corrotte, ricche d'argenti, con eremiti in corsa sfrenata sui monti, dove investire il patrimonio di famiglia. Dall'Incoronata a Cesarano fioriscono i nuovi cenobi dei nobili con confraternite intime, avverse ai papi e alla politica vicereale, sempre più opprimente per via delle tasse. Da Ostuni a Taranto i vecchi feudatari s'inventano la magna carta per alleviare i sudditi, che restavano servi, ma con vere regole, per scimmiottare le capitolazioni reali e le prammatiche vicereali che tardavano mettere in riga l'intero reame dal punto di vista strutturale, oltr € 60,00
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![]() ![]() Author: Barrella Alfredo; Bascetta Arturo Publisher: ABE L'Anonimo cronista introduce il governo vicereale di Don Pedro di Castro con un inconveniente: la lite tra il fratello Don Francesco e Giovanni, figlio del deposto Conte di Bonivento, allontanato da Napoli e ripartito alla volta della Spagna, intrappolati in certi «ragionamenti fastidiosi». Tra le prime opere pubbliche di Pedro, nuovo Viceré, il quale governò dal 1610 fino al 1616, e che continuò, come il predecessore, a fidarsi del Fontana, incontriamo il castello puteolano di Baia. Egli risanò le finanze dello stato, in precedenza in balìa di Giovanni del Bonivento, del Reggente della Vicaria, e di D. Baldassar di Torres, beneficiando del braccio «di Don Michele Vaaz Nobile Portoghese, huomo pratichissimo in simiglianti faccende, e che forsi non havea pari l'Europa», smorzando la fame della povera gente. Durante i sei anni del governo di Pedro molti furono i terribili e curiosi fatti che si susseguirono, a partire dall'incendio di Montevergine, dove «alli 21 de Maggio 1611, et fu tal focho, che vi morsero forsi ottocento persune»; uomini vestiti da donne e donne vestite da uomini, così come ce ne parlano le Cronache di Montevergine del Giordano. Dopo la morte di Margherita d'Austria, i cui lutti, come racconta il Parrino, furono presto dimenticati dalle nozze tra «il Principe delle Spagne con Isabella Borbone, e tra il Rè Ludovico Decimoterzo di Francia con Anna d'Austria figliuola del Rè Cattolico», prese fuoco anche il Palazzo del Viceré, il quale scappò «a Pizo Falcone ad habitare per fugire la furia del focho». A maggio dell'anno seguente fu presa d'assalto la Regia Z € 60,00
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![]() ![]() Author: Bascetta Arturo Publisher: ABE Il 1° febbraio 1489 la giovane e bella napoletana fu accolta nel castello milanese e si celebrò il matrimonio. I festeggiamenti pomposi erano questa volta uno scherno: ed Isabella si trovò infelice dove avrebbe avuto il diritto d'essere rispettata ed amata. Il Moro quando cominciò a sospettare che Isabella fosse incinta, raddoppiò la guardia intorno al Duca, quasi prigione nel castello di Pavia. Isabella era donna coraggiosa e saggia, ma suo marito Gian Galeazzo, se era d'indole mite ed egregia, se era animato da buoni sentimenti, tuttavia mancava d'ingegno, e d'abilità nell'esercizio degli affari. In ciò sta la spiegazione della possibilità del tradimento del suo tutore, ed in ciò consiste pure la scusa ch'egli adduceva a quelli che gli avessero domandato conto di quanto faceva. Lui era il passato e l'avvenire, ma non seppe sfruttare i suoi tempi, né capire dove andasse il mondo. Se avesse avuto un raggio soltanto del genio del suo omonimo Visconti, la storia avvenire di Milano ed insieme forse quella di tutta Italia sarebbe stata diversa. Isabella scrisse a suo padre ed all'avo implorando soccorso: ma la sua lettera non ebbe altra conseguenza che di dividere sempre più la famiglia aragonese dal Moro. Ferdinando mandò a Milano Antonio e Ferdinando da Gennaro, ma essi non ottennero da Lodovico se non questa risposta sdegnosa: - Dello stato io tenni sempre le cure, e a Gian Galeazzo riservai solamente gli onori. La prevista nascita del figlio di Gian Galeazzo fece pentire il Moro d'avergli concesso una sposa così amena, insperata e degna solo di un vero principe come lui, al € 44,00
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![]() ![]() Author: Bascetta Arturo Publisher: ABE Con 'Montella' Arturo Bascetta, da topo di biblioteca qual è, ci consente di accedere a importanti documenti del nostro passato dei quali si sentiva la mancanza. E, nel contempo, le sue ricerche sono una vera e propria miniera di notizie indirizzate alla conoscenza e alla comprensione dei nodi più complessi della vicenda umana e politica della nostra verde Irpinia. Questo succoso libretto analizza meticolosamente le condizioni della vita feudale, quando padrone del feudo era un solo signore. Se non l'unica proprietà del territorio di una o più università, era la più estesa. Pochi, infatti, erano i beni ecclesiastici. Poche le piccole proprietà libere. Il contratto (la 'fede'), legava, con giuramento solenne, al Signore i contadini che ricevevano la terra in enfiteusi. L'enfiteusi, che si poteva anche comprare, era un diritto reale del contadino sul fondo del Signore. Secondo tale diritto il titolare (l'enfiteuta) godeva del dominio sul fondo ed era obbligato a pagare nel giorno di Natale al feudatario un canone in denaro spesso sotto forma di derrate. L'enfiteuta era inoltre obbligato a migliorare, disboscare, rendere fertile il feudo. In più doveva piantare alberi dei quali non diventava mai proprietario e provvedere ad ogni genere di migliorie, necessarie e opportune per l'aumento della produzione. Come compenso l'enfiteuta percepiva la terza parte del valore dell'appezzamento di terreno. L'appendice sul 'Catasto Onciario' di Cassano delle informazioni che riguardano Montella ci fornisce notizie anche inedite su costumi, attività e vita di istituzioni, persone e società d € 39,00
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![]() ![]() Author: Cuttrera Sabato; Bascetta Arturo Publisher: ABE Centinaia e centinaia di cognomi, di famiglie, di luoghi e, si può dire, di fatti, sono contenuti in questo testo dedicato alla ex provincia di Terra d'Otranto, e in particolare al Comune di Carovigno, oggi in provincia di Brindisi. Il testo parte da Re Ruggero, il conquistatore di tutto, tranne che di Lecce, che resta con Benevento. Poi arriva Re Guglielmo II e scippa le Terre pagane e bizantine di questa Calabria salentina e nasce una Diocesi anche a Ostuni, proprio quando Re Malo e Re Buono decidono di fare guerra ai Loritello di Puglia. La storia dei Guglielmo Altavilla si complica, quando diventano quattro, ma Lecce ha un solo nemico: Re Guglielmo II Buono che si schiera contro Re Tancredi, quando Accardo ha già fondato S.Giovanni. E' però Tancredi fu Duca Rogero III (fu Re Ruggero II) che da Conte di Lecce ebbe la meglio e divenne Re nel 1190, allorquando sposa Sibilla sorella di Riccardo d'Acerra dei D'Aquino-Medania, subendo la ribellione di Aprutino e Bertoldo, schieratisi dalla parte di Enrico Imperatore, marito di Costanza d'Altavilla, pomo della discordia, fatta prigioniera a Salerno. Ma l'ex Conte di Lecce conquista Terre e fiducia: Tancredi vince così Enrico a Napoli, il Ruggieri sposa Irene, Albiria va al Brienne, l'Imperatrice Costanza viene liberata dalla prigionia, quando Ruggiero di Avellino va a Salerno e Margaritone punta sui Pisani a Castellammare. La morte di Re Tancredi, che lascia Guglielmo III senza corona e la Regina Sibilla vedova, richiama l'attenzione dei Templari che riportano l'Imperatore nel Regno. L'invasione di Enrico VI è ormai imminente € 44,00
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![]() ![]() Author: Bascetta Arturo Publisher: ABE In queste pagine così ricche di eventi, l'autore non si smentisce. Egli legge, trascrive e commenta i toponimi originari tratti dalle pergamene di oltre dieci monasteri, accompagnando il lettore nel ragionamento dello studioso incallito. Ed ecco ripresentarsi, una dietro l'altra, le vicende degli eredi del Guiscardo che persero la Puglia e ritornarono nel Cilento, fra i ruderi del diruto Porto sul fiume Malfia dell'antica Hea, dove stabilirono la colonia di Mariani di S. Paolo a Rano di Palinuro, al seguito di s. Andrea di Patrasso, 'papa povero' dei martiri greci. Borsa puntava alla capitale bizantina della Torre di Minori, ove condurre quel popolo senza casa nella città che voleva rifondare, Atrani, nel Ducato Heapula, disturbando i progetti della famiglia imperiale dei Magni di Costantinopoli, padroni della Costiera della Scala santa. L'arrivo dei Mariani e la convivenza con culti in opposizione al Papa portò presto allo scontro, allontanando il Pontifex Giovanni, giunto da Bisanzio, in direzione di Sala Consilina, da dove presero a risalire i monti, rifondando Conza e la sua diocesi, sottomessa al Principato. Con 'Conza' Arturo Bascetta, da topo di biblioteca qual è, ci consente di accedere a importanti documenti del nostro passato dei quali si sentiva la mancanza. E, nel contempo, le sue ricerche sono una vera e propria miniera di notizie indirizzate alla conoscenza e alla comprensione dei nodi più complessi della vicenda umana e politica della verde Irpinia. I Duchi guiscardiani, padre Rogero e figlio Viscardo, furono pronti a riorganizzare tutto in forma autonoma, li € 39,00
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![]() ![]() Author: Bascetta Arturo Publisher: ABE Questo libro è il frutto della continua ricerca portata avanti dagli autori della ABE sui cronisti che raccontano i fatti da contemporanei. Dopo diverse biografie fiorentine non poteva mancare il seguito alla Casata degli Sforza, originata da un colpo di mano ai danni dei Visconti che trasferirono il patrimonio di famiglia al capostipite Francesco, sposo di Bianca, ultima erede di Milano. Il prologo sulla nonna perugina, Lucia Tarzana da Torgiano; sul padre, Cavaliere alla corte dei Visconti; sulla madre Bianca, l'erede di Milano; sulla sorella Ippolita, sposina del Duca di Calabria, che di ferocia fu maestro; spunta finalmente il nome di Galeazzo, duchino crudele. Con tali premesse, alla morte del padre, Galeazzo si liberò gradualmente della madre, in quegli anni in cui la cometa di Halley, fra sisma e peste, non preannunciava nulla di buono. L'ultimo viaggio a Napoli fu fatale al genitore e provocò l'esilio di Bianca a Cremona, subito dopo il matrimonio con Bona di Savoia, sorella del beato Amedeo e orfanella di quel Ducato. Da qui lo scontro velato con la madre, a colpi di veleni, nell'aria e nella minestra, che videro più volte preoccupata la sorella Ippolita, tornata da Napoli più volte, fino per assisterla in punto di morte. La vecchia Duchessa muore quasi nelle sue braccia: ma fu vero veleno? Fatto è che senza l'ultima dei Visconti i nemici crebbero in casa e anche fuori: la sorella fu quasi espulsa da Napoli con tutta la sua corte milanese al seguito; e i Veneziani si spinsero fino a Bologna, stuzzicati da Zio e Sforza fratello, passati col nemico, in uno scenario d € 44,00
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![]() ![]() Author: Bascetta Arturo Publisher: ABE Mont essart dell'harola vetere, è il trono dell'Apulia di Baroli, fra Teano e Capua. Nel Capitolo 44° del suo libro, Histoire de Braine et de ses environs, Stanislas Prioux parla di un castello chiamato Mont Essart, eretto in Francia, al ritorno dalle Crociate. Egli dice che ancora nel 1500, i pellegrinaggi cristiani, erano molto venerati per la dinastia Valois. «In diversi punti erano state costruite cappelle isolate, senza donazione e senza ministri, al solo scopo di servire da stazioni per le processioni e per le persone che onoravano con un culto particolare il santo sotto la cui invocazione erano state erette. Nei pressi di Braine, oltre alle cappelle di Vauberlin, Mont-Essart e altre località, Enguerrand, signore di Courcelles, per adempiere a un voto fatto durante le Crociate, ne fece erigere una nel 1265, nei pressi del villaggio di Courcelles, su un luogo elevato che si trovava ai margini della grande strada romana, attualmente strada reale da Parigi a Reims, e le diede il nome di Calvario. Questo signore la fece costruire solidamente e le diede una forma quadrata che terminava con una volta: Courcelles si trova alla stessa distanza che il Calvario aveva da Gerusalemme. Ogni anno, il Venerdì Santo, la gente si reca lì in pellegrinaggio per raccogliere le offerte dei passanti caritatevoli. C'erano anche altri pellegrinaggi nella zona attorno a Braine: per esempio, da tutte le parti la gente veniva a Serches per curare il mal di gola; a Saint-Rufin de Bazoche per gonfiore; a Viel-Arcy e Chery per i bambini che muoiono di tisi e a Limé per proteggersi dall'idrofobia. € 44,00
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![]() ![]() Author: Bascetta Arturo Publisher: ABE Prima due Dux, poi tanti Ducati provinciali; prima due Principi, poi tanti Principi metropolitani. E poiché i Popoli Italici non si sono fatti mancare mai niente, giunse il momento delle opposte capitali; prima come vicarie e poi a sede di due reami diversi che avviarono la lunga sequela altomedievale che porterà a quattro regni diversi sul territorio che, finalmente, nel lontano 1348, andranno a formare il Regno di Napoli e pian piano quello delle Due Sicilia. Insomma il cammino fu lungo e, negli anni trattati in questo libello, di vicende ne capitarono a bizzeffe, soltanto intorno alla fondazione di due città, ambedue chiamate Ad Novas, manco a dirlo, perché sulle Vetere, cioè nei pressi dei ruderi delle antiche urbe romane, furono fondate, Caserta e Canosa. A dire il vero, il parto per la nascita del Tricarico casertano, che sloggiò i primi Normanni capuani, fu proprio lungo, ma il Papa ebbe la meglio e i consoli caetani, di famiglia calabrese, insedietisi nelle terre salernitane degli avi di stirpe carolingia, a cominciare da Goffredo dell'Aquila, un posto a Luriano lo trovarono. Anche quando furono cacciati da Capua dal comitato di La Pelusia, fomentato dagli Altavilla di Palerno, perché divennero consoli a Teate, come ai tempi degli antichi Romani di Bubulco, e riuscirono a rifondare la Chiesa cattrolica, ripartendo da Montecassino per giungere a Caserta e nominarsi Marchioni d'Italia. Furono questi i Normanni detti Loritelli, eredi dei Capetingi, che litigarono per 150 anni con gli Altavilla, originari della Sarmazia, sebbene con molti di essi imparentati, mantenendo € 44,00
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![]() ![]() Author: Bascetta Arturo Publisher: ABE È quasi la cronaca delle imprese di Re Luigi d'Angiò alla conquista di San Vittore, Arezzo, L'Aquila, Campobasso, «Mathelon et Herola», nei pressi di Maddaloni o di una Santa Maria della Maddalena: il trono dei Re di Puglia, essendo erede della Regina Giovanna I che lo nomina Duca di Calabria col vessillo di Dux di Santo Stefano, rilasciato dal Papa di Avignone. Nel mese di febbraio del 1381 Luigi Duca d'Angiò, zio del Re di Francia, giunse dal papa di Avignone per la riconquista del Regno di Napoli richiesta dalla deposta Regina Giovanna I. La figlia del grande Duca di Calabria, famoso conquistatore e governatore di Firenze, morto giovane, aveva perso il reame di Re Roberto d'Angiò. Esso era finito nelle mani del nipote Carlo III Durazzo, vicario del Re d'Ungheresi, subendone l'umiliazione della confisca dopo l'uccisione del fratello Andreasso Re consorte. Da allora, la Regina vedova, pur avendo recuperato soltanto la potestà sui suoi stati piemontesi e sulla signoria di Napoli, era stata privata del titolo dal pontefice romano. E così, detronizzata dal generale Carlo, detto della Pace, incoronato a Roma da Bertolmeo den Tiule alias delle Ayglas fattosi papa, l'antipapa Clemente VII accolse la sua richiesta di investire lei e il Duca d'Angiò del titolo scoperto di sovrani di Cecilia. L'angioino quindi, come primogenito della Regina Johana, ebbe il titolo di conquistatore, cioé di Dux, ovvero di Duce di Calabria, se non di Duca, in quanto da lei creato a suo erede di un reame tutto da riconquistare. Così Parvus: - En lo mes de febrier, lo dessus dich moss. lo duc dAnjou onc € 59,00
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![]() ![]() Author: Bascetta Arturo Publisher: ABE La grande intuizione di Bascetta prende forma, il teorema di Contea, Ducato e Principato di Puglia sito in tre luoghi diversi è ormai una realtà. Ma non solo. Vi fu anche una Contea, Ducato e Principato diverso per la Sicilia, in quanto la sede vicariale del Duceto concide con qualla di Gerusalemme che è Barletta. Sono i regni di foro Ylio, bis-Ylia e cis-Ylia: Barulo di Capua, Baruletto a Bisceglie e poi Barletta, la Sicilia che non c'entra con l'Isola che i pugliesi liberarono dai Saraceni con l'aiuto degli Altavilla, per sfuggire ai Normanni provenienti da Capua. In quest'ultimo testo è viva la corsa ai troni italici dei troiani di ogni tempo, tutta interna ai Provenzali (Del Balzo, Angioini e Tarantini), abbiamo un quadro sempre più completo sui tre fulcri del costituendo Regno intorno alla nuova Napoli, dove tutti i sovrani vollero mettere capo, per scrivere la parola fine a una conquista che durò tutto il Medioevo. L'occasione è data dal trasferimento della sede papalina dalla cattività avignonese a Roma, dove fu obbligatoria l'elezione di Urbano VI per convincere i cardinali, trattenuti con la forza, a votare un papa di patria napoletana, che potesse porre termine alle discordie feudali e affidare definitivamente ai Napoletani lo scettro di capitale e a Taranto quello di sua vicaria, cioè di unico Principato. I più tremendi baroni furono quelli della Casa del Balzo, i quali, sempre scontenti per non aver portato a termine l'investitura imperiale di Costantinopoli, si erano riversati alla conquista del Levante, pretendendo di impossessarsi del trono di Gerusalemme, in € 55,00
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2024 |
![]() ![]() Author: Bascetta Arturo; Cuttrera Sabato Publisher: ABE 'Presentare un testo storico di Cuttrera e Bascetta è sempre una emozione. Colpisce innanzitutto la ricerca certosina delle fonti, le più svariate e miracolosamente rinvenute dalla pazienza infinita. Si sa. La storia è ricerca, continua e costante. E quella di Arturo è una vera e propria indagine, attenta e scrupolosa, dei fatti e degli avvenimenti storici, analizzati in modo diligente, esaminati con quella curiosità che è la base per conseguire risultati fecondi e fruttuosi. Tale tipo di ricerca, affrontata con grande cura e impegno, è caratteristica precipua del Nostro. Il suo è un vero e proprio scandaglio tra le numerosissime fonti esistenti nei luoghi più impensati che la sua sagacia riesce a scoprire, perché guidato da un fiuto storico invidiabile e che sbircia nei cunicoli degli archivi e delle biblioteche delle varie città d'Italia e dell'Europa, testimonianze spesso sfuggite anche a storici di professione. Cuttrera, in tutti i suoi scritti storici, è il primo ad assaporare la vera cognizione della storia per trarne un nuovo sapore e trasmetterlo in tutta la sua intensità ai lettori. Le azioni, i fatti, gli eventi sono dei veri ritratti che evidenziano una visione della storia precisa e attuale. Tratta il tutto senza alcuna pietà. Senza alcun falso moralismo. La sua storia è come una ventata di aria fresca, aperta, quasi violenta. Attira e sconvolge. Tutto ciò si coglie in questo brillante volumetto dall'emblematico titolo. Un caleidoscopio di persone e fatti, non facilmente rinvenibili in storie di 'spessore'. Troviamo innanzitutto notizie precise e documentate, in € 35,00
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![]() ![]() Author: Bascetta Arturo; Cuttrera Sabato Publisher: ABE Questo testo ha un filo conduttore invisibile che porta il lettore per mano fino all'Inquisizione. Basta pensare a come Cristoforo Colombo trattò gli Indios e a come il suo Re trattò lui. Poi la verità di Amerigo Vespucci, mentre Napoli, afflitta, affranta e gaudente per la fine aragonese, mostra tutte le contraddizioni della metropoli, ma anziché reagire, si accontenta della retrocessione a vicecapitale spagnola. La beffa della luogotenenza, affidata all'ex Regina Giovanna III e alla figlia Giovanna IV, fà dell'abilità di Ferdinando il Cattolico - usurpatore del reame della figlia, fatta passare per loca, e del mezzo regno francese, ereditato dalla nuova moglie dei de Foix - l'arma vincente per buttare fuori dal reame anche il Papa e ridisegnare le province del Principato di Salerno, ridimensionando la Chiesa fra le mura della sola Benevento. L'infamia che obbliga gli Ebrei a farsi riconoscere col bollino rosso e l'idea di perseguitarli, pescandoli a festeggiare durante i piagnistei pasquali, danno l'immagine di un regno a gestione familiare, nelle mani di figli e parenti. E l'idea di sabotare l'illuminismo riesce benissimo all'ingrato Re di bronzo che lascia il lavoro sporco ai frati, usurpando beni materiali e immateriali, tanto ai nuovi convertiti quanto ai filosofi. L'unica cosa che conta, per gli Spagnoli, sono i miracoli, le rendite, i benefici e le commende che andranno a scalfire tutti i patrimoni. L'ostentazione effimera del potere non sfugge ai ricchi notai, i soli capaci di trasformarsi in cronisti, per raggirare la regressione e alimentare il malcontento dei Ca € 60,00
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![]() ![]() Author: Bascetta Arturo Publisher: ABE Il delitto di Gesualdo, noto anche come Gesualdo da Venosa (Venosa, 8 marzo 1566 - Gesualdo, 8 settembre 1613), è uno degli episodi più intriganti della storia italiana. Il compositore del XVI secolo è conosciuto non solo per la sua musica innovativa ma anche per il suo oscuro lato personale. Nel 1590, Gesualdo uccise sua moglie Maria d'Avalos e l'amante Fabrizio Carafa dopo averli scoperti in un presunto atto di adulterio. Il delitto è avvolto da molte controversie e misteri, sia per le circostanze che lo circondano che per le motivazioni dietro l'omicidio. Il Principe di Venosa non fu perseguitato legalmente per i suoi crimini, poiché l'omicidio coniugale era considerato accettabile in certi contesti aristocratici dell'epoca. La sua storia e il suo delitto sono diventati però leggendari nel corso dei secoli, contribuendo a creare un'aura di mistero intorno alla figura del compositore. La sua musica, altrettanto intensa e espressiva, è spesso associata alla sua tormentata vita personale. Gesualdo fu coinvolto in un processo. Tuttavia sembra che abbia goduto di una certa impunità a causa della sua posizione sociale elevata in quanto principe. Il processo in sé potrebbe non essere stato così dettagliato o documentato come alcuni altri eventi storici, ma l'episodio ha contribuito alla fama di Gesualdo da Venosa come figura dai tratti oscuri e misteriosi. La sua vita e le sue note continuano a intrigare gli studiosi e gli appassionati di musica classica. L'omicidio di sua moglie e del suo amante ha sicuramente influito sulla reputazione di Gesualdo da Venosa come principe e co € 44,00
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![]() ![]() Author: Bascetta Arturo; Cuttrera Sabato Publisher: ABE Gli omicidi non sono tutti uguali e in questo libro non sono uguali neppure le tre storie sulla fine ingloriosa dello sposo più bello del Granducato di Toscana. L'efferata uccisione di Pietro Bonaventura, della stirpe dei Bonaventuri, gentiluomini di Firenze, rimase una macchia indelebile ai piedi del Ponte di Santa Trinita. E non solo perché il povero amante di Cassandra era a sua volta tradito dalla moglie Bianca col Granduca Francesco I de' Medici, ma anche perché furono in dodici a finirlo, mentre inseriva la chiave nella toppa di casa. Pezzi del suo cervello restarono sul muro, mentre ancora il commando, guidato dal nipote dell'amante, sferrava la coltellata n.24. Non un urlo gli uscì dalla bocca tremula, ma solo un ultimo flebile respiro di quel corpo senza vita: - Deh, non più, di grazia: poiché io sono morto! E' la stessa moglie Bianca Cappello a raccontarlo nelle sue Memorie del 1585, quelle che qui abbiamo posto al confronto con una novella di Celio Malespini, scritta appena vendi anno dopo e che lui stesso considera «istoria vera». Non contenti, come di stile, abbiamo inserito nel testo una terza cronaca tratta dal manoscritto originale di Silvio e Ascanio Corona, anch'esso dei primi del Seicento. Questo omicidio, così efferato, a cui seguì quello di Cassandra Ricci, amante uccisa sempre dal nipote, fu presto messo a tacere dal Granduca, il quale, da compagno della vedova, ne divenne sposo. La favola dell'amore ricco cancella quella dell'amore povero. La fine del bel fiorentino, che aveva rapito per amore la bella veneziana, viene così messa a tacere. È la stessa € 33,00
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![]() ![]() Author: Bascetta Arturo Publisher: ABE Il pluriomocidio «maschilista» nelle cronache del Rinascimento. La collana sulle «Donne Reali» del Rinascimento si arricchisce con la ricostruzione del femminicidio di Maria D'Avalos, la più bella donna di Napoli. È l'epilogo del giallo che turbò l'Italia, nell'epoca dei delitti d'onore, dove s'allungano le liste delle amanti uccise ora con l'acqua di rosa, ora dritto al petto. L'arma utilizzata, sia essa un fioretto, un pugnale o un archibugio poco conta, perché quel che è necessario è lavare l'onta delle corna, come nel caso di Carlo Gesualdo, assassino conclamato, reo confesso al pari dei suoi servi, ma da tutti assolto. Eppure questo principino di Venosa, di soli 24 enne, premeditò il femminicidio della giovane moglie in ogni particolare, dalle porte chiuse a chiave per intrappolare gli amanti, ai corpi dilaniati da mostrare in pubblico. Certo è che la via sulla «misera morte» degli amanti D'Avalos-Carafa viene spianata da una miriade di indizi sulla bellissima Principessina di Venosa, corteggiata perfino da Giulio Gesualdo, zio acquisito e padrone di una miriade di feudi, da Gesualdo a Calitri, poi ereditati dal musico-assassino alla sua morte. Carlo infatti non possedeva che poco, essendo il genitore ancora padrone del Principato di Venosa. E fu proprio lo zio spione, amante solitario della bella moglie del nipotino, a spianargli la via della vendetta, confidando al consanguineo il posto di Chiaia dove gli amanti copulavano. Carlo appare smarrito, benché spesso a riposo nel suo stesso palazzo, dove il corpo della moglie veniva di nascosto posseduto dal Duca d'Andria. € 29,00
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![]() ![]() Author: Bascetta Arturo Publisher: ABE C'è confusione fra due omonimi: Ugo dei Pagani e Ugo di Champagne. In questo libro Bascetta comincia a rimettere ordine alle inesattezze sui Pagano, dimostrando che il primo Ugo dei templari era figlio del feudatario di Forenza in Valle Basilicata, la cui casata, benché francese, era in Lucania già da un secolo, ai tempi dei Lombardi di Re Corrado di Pavia, sceso alla conquista del Sud al fianco del Papa e contro il padre Imperatore, e quindi non c'entra con casi omonimi, specie quelli della champagne francese, tantomeno con quelli successivi di Nocera dei Pagani, da essi rifondata dopo la distruzione angioina di Lucera in Capitanata detta Nocera. Bascetta ripercorre la storia di Ugo fino alla morte, distinguendo i diversi ordini gerosolimitani, senza incorrere nell'errore di alcuni storici, specificando i diversi periodi di nascita di Templari, Gerosolomitani, Giovanniti, etc. € 35,00
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![]() ![]() Author: Bascetta Arturo Publisher: ABE Documenti inediti anche su territori presso Torrioni, Tufo, Chianche, Chianchetella, Petruro, Pratola, San Giorgio, San Nicola. I comuni, partiti dal fortilizio di S. Angelo a Torrajoni, già prima del 1700, hanno dato autonomia politica a Castel Torrioni, Toccanise e Tufo, feudo che i Caracciolo di Avellino mantennero per secoli, onde evitare lo smembramento dello Stato feudale che aveva termine alle porte di Benevento. Cognomi di uomini che rivivono ad opera di una personale e sottile matita rossa e blu che ridisegna lunghe giornate fra vicoli e portoni, alla riscoperta delle nostre origini. Ma ciò che sono stati gli avi e ciò che avremmo voluto si confronta in una elaborazione di dati schiacciati dalla polvere caduta sui rogiti, per il non venir scrutati, pronti ad essere liberati e fluttuare nell'aria. E i risultati, sebbene di prima facie, premiano chi vuole scavare nel passato, scoprire il valore insostituibile della conoscenza e delle radici, spinto da un sapere vitale, all'affannosa ricerca di una identità che leghi l'avulso curioso al territorio, che lo intrighi al punto di immergersi nella stessa complessa articolazione del testo, diventandone protagonista, ora rinvenendo il suo nome, ora il suo cognome. Nulla di tutto ciò si avrebbe senza l'indagine investigativa condotta su cittadini, congiunti e conviventi, attraverso una breve, chiara e distinta sintesi sui beni immobili, e sull'attività esercitata, sulle tasse. Caratteristiche che non escludono la vivezza della enunciazione formale e la passionalità del piglio giornalistico, ogni volta che occorra, per annodar € 55,00
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![]() ![]() Author: Bascetta Arturo Publisher: ABE Prefazione I moti del 1848 sono stati definiti 'l'inizio delle rivoluzioni', perché misero in questione le strutture monarchiche in tutta l'Europa. Per quanto riguarda l'Italia il fenomeno più rilevante è dato dall'inizio concreto del Risorgimento. In particolare delle idee repubblicane di Giuseppe Mazzini, delle imprese dell'eroe dei due Mondi, Giuseppe Garibaldi e dalla concretezza di Camillo Benso Conte di Cavour. In questo splendido saggio storico, non si trova nessuna maledizione nei confronti di Garibaldi come farebbe pensare il titolo, Mannaggia a Garibaldi!, ma vi è al contrario una visione critica, severa, senza sconti sulle origini del Risorgimento. Lacuna che sarà certamente eliminata da questo lavoro che rappresenta un nuovo rapporto tra fatti, eventi, istituzioni, in cui però la nostalgia del passato non comporta il disperdersi della realtà, delle tradizioni molteplici nel tempo; non si fa promotrice di una nuova azione e di nuovi ideali possibili. A questo si associa la disciplina storica, che di quegli ideali e di quei principi si rende garante, senza cedimenti di sorta alle metamorfosi di revisionismo che accompagnano le forme deviate e devianti, spurie, del pensiero storico che a me piace chiamare pensiero critico. E tale è anche per Bascetta che con Omodeo è del parere che 'la vera grandezza umana si afferma in discrimine rerum, nella possibilità di perdere e di trionfare, di fallire e di riuscire'. E' il motivo alla base di queste pagine. Al centro dell'attenzione del Nostro, come detto innanzi, resta Avellino, a cui Bascetta è molto legato e di cui a me € 29,00
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![]() ![]() Author: Bascetta Arturo Publisher: ABE In una complessa guerra di religione si innesta la storia di Fra' Ugone, ovvero Ugo, figlio di Pagano del feudo di Forenza di Potenza, partito nel 1119 per Gerusalemme insieme a un altro cavaliere e creato difensore della via che conduceva al Santo Sepolcro. Dopo che gionsimo qua in Hierusalem io et Alessandro vostro figlio e mio cordialissimo fratello con altri Genthilomini nostri compagni, tra dieci ch'erarno io et Alessandro fummo eletti che andassimo a baciar la mano et far riverenza alla Maestà del Re Balduino con condolerci della morte del Sig. Duca Goffredo suo fratello et avendoli ragionato della nostra ferma deliberazione di havere a guardare et far sicuri tutti quelli passi per dove li fedeli Cristiani veneno a visitare lo Santo Sepolchro, et che sempre da assassini infedeli molestati et che da noi gentiluomini d'honore per l'amore di Nostro Signore Gesù promettemo d'osservare con voto di voler morire in ogni modo che mancare di farlo e tanto più che molti altri dei nostri concorrono a detta difesa. Da Sua Maestà fummo assai lodati et con abbracciamenti come veri figliuoli licenziati. Onde essendo noi quasi ogni dì a crudel battaglia con nemici della Santa Fede, Alessandro, essendo andato ad un aguaito con due suoi servitori e venticinque soldati se trovò di tal maniera intrigato che con havere usato lo suo valore de animoso gentiluomo contro cento infedeli assassini di passo, ottenne la vittoria di tutti fandoli passare per fil di spada. Però dei nostri morsero li due suoi servitori et cinque soldati, et Alessandro fu ferito in testa malamente che hoggi è passato € 35,00
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![]() ![]() Author: Bascetta Arturo Publisher: ABE Il Duca Alessandro de' Medici fece una brutta morte e Firenze stette sull'orlo del collasso. Ci pensò il Cardinale a richiamare il Consiglio dei 48 e a condurlo su un solo nome: Cosimo I, da paggio a pupillo del defunto. E quando questo sbarbatello salì le scale trovò già pronta la sedia per firmare l'accordo e calmierare il Ducato, benché appartenesse a un ramo cadetto dell'antica famiglia della prima cinta muraria. Le relazioni degli ambasciatori si moltiplicarono come veline, e le notizie, trascritte e sovrapposte, fecero il giro delle corti e dei principi d'Italia: Papa, Re e Senato veneziano ebbero di che ragionare. Non trascorsero due anni che il novello Duca fece proposta di nozze alla figlia del Viceré di Napoli. Eleonora di Toledo, col suo ricco corredo, e l'aiuto militare del padre contro Siena, sarebbe stata la scelta più sensata per una Duchessa e un Ducato. Le nozze furono belle, e i doni anche. Cosimo divenne un tiranno, ma non tradì Eleonora finché visse, neppure quando gli morì il padre sotto gli occhi mentre traslava le fontane dei giardini di Firenze e Napoli nelle nuove piazze di Palermo per ridare vita alle regge napoletane e fiorentine, a cominciare da Palazzo Pitti, che la Duchessa fece abbellire da pittori, ceramisti e cortigiani, come Tansillo, al seguito del fratello. Firenze faceva invidia ai Principi vicini che spiavano i fatti dell'intera provincia di Toscana e della capitale. Sapevano tutte le strade di accesso, il numero dei militi nelle fortezze, il tesoro ripartito in beni e in soldi. Dalla milizia di terra all'arsenale, le ricchezze dei Medi € 66,00
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![]() ![]() Author: Cuttrera Sabato; Bascetta Arturo Publisher: ABE Solo chi ama non bada alle minacce dell'amico del cuore o dell'amato. E Alessandro De' Medici e i suoi cugini, figliocci dello zio Papa, a sentire i cronisti, pare amassero tutto e tutti: gli amici e le donne, il danaro e il potere, Firenze e la famiglia. A reggere le redini era il Papa. A chi aveva dato la bacchetta ducale, a chi l'onore dell'ambasceria a chi del segretariato, ma a tutti quello di essere inconsapevoli spie nelle sue mani. Lui decise la pace fasulla con i Francesi: al futuro cristianissimo Re diede in sposa Caterina e al di lei fratello affidò la fede di Margherita d'Austria, figlia di Carlo V ancora in fasce. La bambola imperiale non crebbe all'improvviso, ma nel mentre visitò il futuro sposo a Firenze, lo Zio acquisito in Vaticano, e la bella Napoli, capitale di quel Regno, dove restò a studiare e a fare propri i modi gentili della corte dove si 'allevavano' tutti i principini d'Italia. Alessandro, già cresciuto, fra amicizie particolari e avventure amorose, impiegò il suo tempo a fortificare la città, allontanando da essa fuorusciti, condannati e avversari politici che si rifacevano al partito di Strozzi. Il Duca si fidava solo di Cosimo, e di Lorenzaccio, con i quali andava a spassarsela, passando da un letto all'altro, fra un consiglio dell'uno e il filosofare dell'altro. Poi Carlo V tornò vincitore dall'Africa e accelerò i tempi per incontrare tutti a Napoli, dove diede decine di feste durate decine di giorni in quei lunghi mesi di vacanza-lavoro a cavallo fra il 1535 e il 1536. Sembrò talmente motivato alla pace che, fra donativi e donazioni, condann € 39,00
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![]() ![]() Author: Bascetta Arturo; Cuttrera Sabato; Bascetta A. (cur.) Publisher: ABE Quando stette per nascere Federico II il papa aveva già quasi posto fine al disegno criminoso dei predecessori di spogliare l'antico Principato dei greci e di far nascere una Civitate Dei per sovrintendere sulle diocesi in costruzione, quelle nate proprio dall'annessione dei distrutti e dilaniati territori delle diaconie greche. L'urbe vaticana di Viano, in Laureto, ancora stette per scippare ai greci l'urbe pagana detta Civitatense per far nascere la diocesi di Larino. Anche S.Angelo di Canosa divenne vicaria templare, quando fu costruita la nuova sede di Barletta che ne assorbì beni, territori e primaziato. S.Marco in Lamis si ritrovò così staccato dall'ex S.Angelo, che a sua volta venne detto dai nuovi proprietari papalini S.Giovanni in Lamis, ma non era altro che l'ex Civitate delle Terre Beneventane, relegando i greci nell'ex urbe S.Maria in Lama, l'unica rimasta ai greci, e non ai latini, perché simbolo del paganesimo. Furono quindi i Templari a richiamare l'Imperatore per sconvolgere la geografia storica, più che per mettere ordine in Puglia, spostando la sede del Principato Apulia di rito misto da «Berola» di Canosa a «Baruletta», dove si praticò il solo rito latino, cambiando la geografia storica della città-stato dell'Apulia, Urbe Principato a Vetere, fondata da Ruggero Borsa presso i ruderi della Reggia paterna del Guiscardo (e rasa al suolo dal sima del 1088), prima di essere ricacciato a Salerno dal fratellastro Boemondo, rimasto fedele solo al Vaticano nella guerra del 1101, che ripudiò anche la matrigna Sichelgaita. Le 30 Terre di mezzo di Puglia e Lucania fu € 30,00
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![]() ![]() Author: Bascetta Arturo Publisher: ABE Il Chronicon S.Sophie, a dire di Berteaux, porta «in testa un obituario che va fino all'anno 1137, in cui gli ultimi anni, dopo il 1119, son dovuti ad una mano diversa da quella che scrisse le altre note. Non si tratta punto di un obituario, ma di tabelle di anni nelle quali son registrate alcune note cronologiche e alcuni avvenimenti storici importanti».1 Le carte giunte fino a noi, purtroppo, si riferiscono solo al periodo della nuova Urbe, quello seguito alla rifondazione della città e dei paesi, da una parte all'altra della diocesi, dopo il catastrofico sisma del 1348. Assistiamo cioè al solo riassetto post nascita di più arcidiocesi, compresa quella napoletana, che diede vita al nuovo Regno di Napoli, quando finalmente anche la Signoria della Regina di Sicilia Ultra e Citra, Giovanna I d'Angiò, divenne sede metropolitica. Berteaux diceva infatti che l'archivio del monastero di S.Spirito si conserva «in gran parte» nell'Archivio Comunale di Benevento, ma che «le carte cominciano dal 1356», essendo andate perdute quelle precedenti.2 In buona sostanza, l'Obituario Beneventano, pur rifacendosi a notizie che nel concreto partono dal 1160, osservando la frammentaria documentazione pervenuta, sembra apparecchiato in una forma più vicina a noi, che ci riporta alla solita data della rifondazione post sisma, cioè dal 1349 in poi. Esso «consta in tutto di centundici carte (le ultime due non numerate), le quali sono riquadrate e rigate e misurano mm 185 di larghezza per 260 d'altezza».3 Sebbene siano state spostate di posizione e ricucite ora alla rifusa, ora secondo un nuovo sche € 45,00
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![]() ![]() Author: Bascetta Arturo Publisher: ABE Federico II spese una intera vita per la conquista di decine di regni. E quando si rese conto di essere ormai vecchio non ebbe riconosciuto neppure un trono. Ecco perché decise di rifondarne uno nel luogo primaziale dei pagani, quello appartenuto ai popoli italici dell'Atense. Il pontefice gli strappò dal capo la prima corona del Regno di Sicilia, ma bastò l'ultima, la più antica per antonomasia, a vederlo riconosciuto imperatore d'Oriente e d'Occidente. Spostò così la sua reggia da Civitate Fiorentino at Yriano, sita fra Lucera e Torremajor, e fece nascere Nova Civitatense fra i ruderi dell'antico consolato romano di Teate apula, aggregando Montesacro (Pulsano) di Barola a Lamis, nel futuro territorio di Manfredonia. Fu così che tutti i laici si ritrovarono nelle terre che furono dei Longobardi Beneventani di Arechi II e degli antichi Salernitani Amalfitani, fra Trani e Canosa, per fondare Casteldelmonte. Ma per giustificare il possesso degli ex territori templari, fu necessario assorbire il trono gerosolomitano appartenuto ai Brienne. Da qui lo sposalizio del 1222 con la bella erede, alla quale scippò la corona di Gerusalemme al suocero. Fu allora che il papa gli riconobbe il luogo interno di dentro Yria, cioè ind'A'Uria, volgarizzatasi in Andria, a danno di Beneventum Terra di Lavoro, rasa al suolo. In verità all'inizio furono buttate giù solo le mura di Beneventana Civitate sul Sabato, quella vicina a Civitate Abellino in Atripalda, per poi procedere a fare tabula rasa nel 1250, quando, per inganno, e con la forza, fece disfare da quelli di Andria ogni muraglia che la c € 35,00
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![]() ![]() Author: Bascetta Arturo Publisher: ABE Bascetta snocciola, in maniera viscerale, luoghi, fatti e volti che si riprendono la scena dopo la morte di Roberto il Guiscardo dei «Magnifici». A guidare i «Guiscardelli» c'è l'erede Rogerio Borsa, Duca di Puglia, che litiga col fratellastro Boemondo, strappandogli dalle mani la corona di Re, spinto dalla madre salernitana. La Principessa Sichelgaita non vuole lasciare il Regno di Puglia che si sta costruendo sul Gargano per Salerno e avvia una guerra infinita fra i due consanguinei, sposata dal Gran Comes degli Altavilla. Finirà che sarà il terremoto del 1082 o quello del 1088 a distruggere la mancata capitale apula di Borsa, S.Maria Beroli della Basilica di San Giovanni, capitale dell'antico Principato della Pentapoli di Arechi II, oggi parte integrante di Monte Sant'Angelo. Borsa farà le valigie lasciando tutto nelle mani dello Zio Ruggero Altavilla I, conosciuto come Gran Comes di Sicilia, scelto dal papa a Marchio, cioè a Vicario della Chiesa nella antica sede consolare dei Romani e dei Franchi, che fu la Civitate Neapolis a San Severo di Torre Maggiore, falsa vicecapitale del nuovo Regno di Pavia, elevata a Principato della Lombardia Minore del Marchio Ruggero I della stirpe degli «Altavilla». Lo zio di Borsa gli aveva usurpato di fatto il nascente Regno di Puglia, nato nel nome della Trinità a Barulo e non a S.Angelo della Civitate, rispedendolo esiliato a Salerno, e espropriandolo dell'urbe Principato, rasa al suolo dal sisma del 1082 e opponendogli una Neapolis nata nella Marca di S. Pietro, sul Monte Gargano. Spinto dall'Imperatore, come accadeva ai tempi di Car € 29,00
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![]() ![]() Author: Bascetta Arturo Publisher: ABE Questa prima parte del volume, come la seconda che seguirà, tratta delle cronache nude e crude sui malumori del popolo che portarono alla rivolta del 1547. Una carrellata iniziale sul secolo dell'opposizione religiosa immerge il lettore nelle cronache del Cinquecento, i giornali dei cronisti dell'epoca, che ci raccontano di una capitale oppressa dalla religione e dallo strapotere del Viceré spagnolo Pietro da Toledo, imposto dall'Imperatore Carlo V, che pure si era mostrato liberale a Napoli 'città fedelissima'. Le ragioni sono da ricercarsi nella crescente povertà dovuta alle guerre di religione e di stato che ancora richiedono la necessaria sedimentazione, specie tra Francia e Spagna, come in Tunisia. In fondo è un bel periodo solo per i dominatori, che si sollazzano fra i bagni di Pozzuoli e le corti locali, ma debiti, corsari e prestiti a strozzo sono il vero problema che faranno esplodere il popolo. La lunga premessa immerge il lettore anche in episodi 'leggeri' fra la parentela dei Toledo con il Duca di Firenze, l'amante a viceregina, il segretario dalla mano lesta, e lo stesso Viceré giocatore d'azzardo e sadico vendicatore. E così, il falso illuminismo delle nuove strade, delle statue nelle piazze, delle fontane zampillanti, contrasta con le centinaia di napoletani mandati alla forca o a ingrossare le sale della nuova Vicaria fatta costruire apposta per giustiziare i Napoletani, da accusare e torturare. Gli ordini nuovi vengono affissi nel duomo e parlano chiaro: ai laici è vietato parlare di religione. Ora il rischio di finire sotto i ferri della luccicante sala de € 39,00
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