Quando nasci ti danno subito un nome, quasi a volerti etichettare. Così, quella sequenza di lettere diventa una persona. O almeno, questa è la concezione comune. Sapete bene che rapporto ho con il mio nome, non c'è bisogno di ribadire quanto questa cosa secondo me sia ingiusta. Che una sequenza di lettere sia una persona. Che il posto in cui vive, le sue abitudini, la sua disponibilità economica, il suo lavoro, la fama che ha in giro, bastino a definire un individuo. Niente di più sbagliato di questo. Ognuno, in base alle condizioni e ad una serie di variabili casuali, sarebbe potuto nascere in qualsiasi luogo, stato sociale, con qualsiasi nome, abitudini diverse, eppure rimanere in fondo sempre sé stesso. Perché dentro di noi c'è un nucleo profondo che racchiude ciò che siamo. Che sopravvive per quanto il mondo esterno ci possa influenzare. E tutto quello che chiediamo è trovare qualcuno che sappia riconoscere quel nucleo, che al di là del nostro nome e del personaggio che ci siamo costruiti attorno veda tutto quello che c'è oltre, e tutto quello che possiamo essere o che saremmo potuti diventare. Quella persona per me è Trace.

Luigi Pirandello ed Eduardo De Filippo, due grandi autori del panorama letterario del Novecento, ma soprattutto autori di teatro che hanno lasciato, tra le tante opere, due commedie che nel libro sono messe a confronto: 'Il berretto a sonagli' di Pirandello, nella traduzione in napoletano di Eduardo e 'Gli esami non finiscono mai' di De Filippo. Le tematiche trattate nelle commedie riguardano sia il problema delle relazioni familiari, in particolare il difficile e spesso assente dialogo tra coniugi, che quello del tradimento, vero leitmotiv di entrambe le opere. Lo scopo delle autrici è quello di avvicinare i giovani lettori alla drammaturgia, troppo spesso relegata ad un ruolo secondario rispetto alla narrativa.