"Che cosa vogliamo: libertà di pensare, di esprimersi, di partecipare alla formazione della volontà della comunità. Che cosa ripudiamo: la dittatura, lo statalismo mortificatore, la guerra come mezzo di affermazione dei propri diritti".

Da tempo l'umanità si chiede se la produzione di cibo sarà in grado di sostenere la popolazione mondiale in crescita. Il libro, dopo aver illustrato la varietà dei paesaggi agrari sulla Terra, frutto della lunga evoluzione dell'attività agricola nei secoli, spiega l'attuale contraddizione fra le "regioni sazie" e quelle "affamate e assetate", con le possibili e auspicabili soluzioni.

Ad oltre un decennio dall'inizio del 21° secolo e, conseguentemente, del Nuovo Millennio, l'umanità si trova ad un bivio: proseguire sulla "vecchia strada", intrapresa a partire dalla rivoluzione industriale ottocentesca e sfociata nel "consumismo occidentale", oppure prendere atto che l'odierno "sistema mondo" è profondamente squilibrato, sia sul piano ambientale che su quello socio-economico, ricercando "nuove vie" da percorrere ispirate alla salvaguardia della Natura ed alla solidarietà internazionale. Le pagine che seguono vogliono offrire al lettore un'analisi delle problematiche attuali, per fornire delle semplici "chiavi di lettura", con le ipotesi delle auspicabili e urgenti soluzioni.

Il volume che avete tra le mani ha lo scopo di far conoscere i fatti e le vicende degli anni che vanno dal 1970 al 1989, raccontati in forma di cronaca sequenziale, da leggere come un romanzo o da usare come punto di partenza per approfondire fatti, musica o personaggi di questo periodo.

Questo libro non parla di una singola, specifica associazione, parla invece di uomini e donne che con la loro passione sono stati i protagonisti di tante associazioni locali che hanno coinvolto gli aretini nella loro "contagiante voglia" di musica, suonata, cantata e recitata, negli spettacoli offerti alla città: questo nelle piazze e nei luoghi della socializzazione, e questo accade da duecento anni. Quindi è come si narrasse di un unico, inarrestabile e continuo filone, alimentato dai medesimi protagonisti: perché così è stato. Non sono valse le crisi finanziarie, le guerre, i conflitti interni, le divisioni, e financo le scomparse dolorose e premature, per far cessare una continuità che arriva dai "bis-nonni" di ieri ai "giovani" di oggi. Lo stesso spirito che pervade tutti coloro che suonano in un complesso come la "banda", con uomini e donne, giovani ed anziani uniti nella stessa funzione, nella stessa soddisfazione, siano essi pensionati o ancora studenti.

"Rubava ai ricchi per dare ai poveri": non c'è aretino che non si sia fatto fin dall'infanzia un'idea romantica di Gnicche, alias Federico Bobini, il bandito figura principe dell'immaginario collettivo locale, che erompe dalla micidiale naïveté delle ottave caserecce di Giovanni Fantoni.La ferocia e la determinazione dei furti e degli omicidi passavano in seconda linea, diventavano addirittura irrilevanti quando, nelle nostre fantasie di ragazzi, nei nostri continui "pellegrinaggi" alla Torre di Gnicche, quasi avvertivamo la presenza del bandito, provando una misteriosa, irresistibile attrazione per quello che sentivamo come il nostro Robin Hood, il nostro Zorro! Finché un giorno - ed era fatale che accadesse, o prima o poi - sull'uomo e sul suo mito è calata la scure della storia!