Un ulteriore motivo poetico di questa trilogia è il naufragio in una specie di limbo: tra la nube di dio e il cuore (così già in 'A devozione'). Nella poetica della gloria dei frammenti e del se il cielo fosse vuoto, il poeta è un essere liminare. È nel punto di tangenza. È sul confine tra la possibilità del vuoto e la pienezza di bellezza e di senso. Il luogo della tangenza è un sacramento. Per il poeta, questo sacramento è sempre sensibile. Esso è il luogo in cui la rivelazione dell'indicibile che dentro ci percorre è più chiara. Per il poeta questo sacramento è una presenza femminile, senza la quale l'uomo come nei giorni che precedettero la creazione di Eva, non sentirebbe la pienezza di dio, non scorgerebbe la bellezza del mondo, ma solo una tristezza che lo annega.

La poetica di questa trilogia è la gloria dei frammenti, eco tematica del se il cielo fosse vuoto. Eco che fa i conti con il dubbio della fine di tutto e con la certezza della nostra momentanea presenza sulla scena del mondo. Se il cielo fosse vuoto, qui nulla avrebbe senso. Tutto sarebbe più che vuoto, assurdo, squilibrato e in rovina. Se il cielo fosse vuoto, qui entrerebbe in scena il ciclope. L'uomo ha un solo occhio, l'uomo che guarda in una sola direzione, reciterebbe la parte del gigante sufficiente a se stesso.

Poesia come ricerca dell'espressione per tradurre l'indicibile che avvertiamo in noi, l'incomunicabile che ci percorre dentro, come scandaglio dell'intraducibile mistero che sale dalle cose. Solo se un dio ci passa accanto e ci sfiora il mantello, è possibile misurare la profondità delle cose, la parola da dire per fare poesia. La poesia nasce da ciò che ha una scintilla di rivelazione. Quando questo accade, i frammenti del mondo si riempiono di gloria.