La vita di ognuno di noi, fin dalla nascita, è costellata da una serie d'avvenimenti che costituiranno gradualmente la formazione del carattere e delle particolari attitudini personali; di queste moltissime saranno le cose che dimenticheremo e solo alcune di esse ci resteranno ben impresse nella memoria. Ricorderemo, ad esempio, i primi anni di scuola, le passate esperienze giovanili, il primo amore, l'iniziale attività lavorativa, il matrimonio; soprattutto non dimenticheremo, se li abbiamo vissuti, i fatti soprannaturali di cui si è stati spettatori o direttamente interessati e ai quali non siamo riusciti a dare una risposta né a ottenerla da altri. Si può credere o non credere a queste vicende; certo è che, come spesso leggiamo nei fatti di cronaca nera o vediamo e sentiamo in televisione, sono in molti coloro che hanno vissuto tali disavventure e, per certi versi, inspiegabili. In questo volume sono raccolte molte di queste vicende accadute in un piccolo paesino siciliano nella provincia di Siracusa, ovvero Portopalo di Capo Passero. All'interno, si farà uso di termini e modi di dire scritti in dialetto siciliano con lo scopo di conservarne la memoria storica.

Storie di calcio di paese, descritte con uno stile tra cronaca e letteratura, traendo ispirazione dal grande scrittore argentino Osvaldo Soriano. Nel libro confluiscono i ricordi di partite giocate su campi impolverati o in strada, con le porte delimitate dalle pietre, e le tute perennemente strappate. Un percorso della memoria nell'ambito di un microcosmo pregno di spunti letterari. Sfilano numerosi personaggi di un calcio lontano anni luce dai riflettori e dai milioni di euro: il difensore dai piedi buoni che sorrideva per sdrammatizzare, i gemelli imprendibili, lo specialista in dribbling che fermò la palla sulla linea della porta dopo aver scartato anche il portiere avversario, l'attaccante veloce come il vento, il fantasista che risolveva anche le situazioni più complicate. Storie di portieri insuperabili e arbitri costretti a fuggire a fine partita perché la squadra di casa aveva perso. Il football come pretesto per riflettere sui gol che uno si perde nella sua esistenza perché, in fondo, una partita di calcio è come la vita: scivola tra le mani per l'ansia di possederla.